Omicidio Romano, il pm chiede la condanna a 30 anni per Alessio Attanasio
Potrebbe arrivare alla fine di novembre la sentenza al processo per l’omicidio di Giuseppe Romano, avvenuto il 17 marzo 2001, mentre la vittima viaggiava a bordo di una Fiat 126. Il Gup del tribunale di Catania, Loredana Pezzino, ha fissato una nuova udienza in cui la difesa di Alessio Attanasio, accusato di quell’omicidio, dovrà svolgere la propria arringa dopo che il pubblico ministero, Alessandro La Rosa, per la terza volta, ha chiuso la requisitoria sollecitando al giudice la condanna a trent’anni di reclusione a carico dell’imputato.
Il rinvio della discussione è stato necessario, come si ricorderà, per consentire al rappresentante della pubblica accusa di produrre al giudice le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Francesco Capodieci. Questi ha riferito su alcuni fatti ma de relato, non avendo avuto contezza in prima persona. In particolare ha fatto mettere a verbale che Attanasio, appresa la notizia dell’uccisione di Giuseppe Romano, si sarebbe mostrato innervosito e preoccupato.
La difesa di Attanasio, costituita dagli avvocati Licinio La Terra e Maria Teresa Pintus, avevano chiesto al giudice per le udienze preliminari di acquisirte agli atti processuali la perizia balistica per stabilire la reale traiettoria dei proiettili che hanno ucciso Romano in modo da confutare la ricostruzione della dinamica dell’agguato formulata dai collaboratori di giustizia, tenuto conto dell’esito della consulenza eseguita dal medico legale Giuseppe Bulla. Aveva chiesto anche di acquisire agli uffici della Motorizzazione civile di Siracusa, della documentazione da cui può rilevarsi la reale altezza di Saporoso Beretta, che avrebbe dovuto essere il vero bersaglio dei killer e che non poteva essere scambiato con la vittima che era molto più alta di lui. Entrambe le richieste, però, sono state rigettate dal giudice ritenendole non necessarie ai fini della formazione del giudizio. “Noi ci atteniamo ai dati scientifici – ha detto l’avvocato La Terra – e non a dichiarazioni di pentiti carichi di delitti”.