Operazione Coca Drive-in: il pm Bono chiede cinque condanne
Il pubblico ministero Gaetano Bono ha sollecitato la condanna a carico dei cinque imputati, coinvolti nell’operazione “Coca drive in”, scattata nel novembre dello scorso anno, nella discussione del relativo processo che si sta celebrando con il rito abbreviato davanti al Gup del tribunale aretuseo, Carmen Scapellato. A conclusione della requisitoria, il rappresentante della pubblica accusa ha invocato la condanna a 12 anni e 10 mesi di reclusione a carico di Gianluca Liotta, mentre per la moglie Sonia Silvia ha chiesto la condanna a 11 anni di reclusione. Ha, inoltre, sollecitato al giudice le condanne di Angelo Toscano a 10 anni, Emanuele Eroe a 7 anni e un mese e Sebastiano Costa a 7 anni. Adesso tocca ai legali della difesa, avvocati Natale Vaccarisi, Antonino Campisi, Giorgio D’Angelo, Sebastiano Troia e Lucia D’Anna svolgere le proprie arringhe a partire dal 10 ottobre.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della squadra mobile, la droga veniva acquistata a Catania e venduta ai ‘clienti’ mentre sostavano, con il motore dell’auto acceso, in strada, come se fosse un “drive in”. Il gruppo faceva anche ‘credito’: dava le ‘dosi’ e poi pretendeva il loro pagamento con violenze fisiche e minacce, commettendo il reato di estorsione aggravata. E proprio dalla denuncia alla polizia di una madre di un tossicodipendente che non poteva fare fronte ai debiti contratti per l’acquisto di dosi di cocaina, stanca e preoccupata delle possibili ritorsioni ai danni del proprio nucleo familiare, è partita l’inchiesta coordinata dalla Procura aretusea. Le indagini hanno permesso di accertare, in appena sei mesi, numerosi episodi di acquisto all’ingrosso dello stupefacente a Catania che veniva poi trasportato ad Avola e custodito in una autocarrozzeria dove veniva tagliata per realizzare delle ‘dosi’. La cessione avveniva tra le vie avolesi vicine alla casa di due degli indagati, un uomo ed una donna che si servivano di fiancheggiatori per la consegna. Gli inquirenti sostengono che quando Liotta, ritenuto responsabile del traffico di stupefacenti, è stato arrestato, è stata la moglie, a sostituirlo nel suo ruolo, mentre lui continuava a spacciare dai domiciliari.