Operazione San Paolo, il pm chiede il rinvio a giudizio per 23 imputati
Il Gup del tribunale di Catania, Stefano Montoneri, deciderà all’udienza del 29 aprile se accogliere la richiesta di rinvio a giudizio proposta dal pm Alessandro Sorrentino, a carico di tutti gli imputati coinvolti nell’operazione “San Paolo”. Il pubblico ministero della Dda di Catania ha sostanzialmente mantenuto i capi d’imputazione contestati a quasi tutti gli imputati, anche se il tribunale del riesame prima, e la Cassazione dopo, hanno cassato il reato di associazione mafiosa e le circostanze aggravate dal metodo mafioso. Il titolare dell’inchiesta ha alleggerito, invece, la posizione di Francesco Liotta al quale non viene contestato più l’associazione mafiosa ma solo quattro reati di danneggiamento col fuoco; di Antonino Runza e Massimiliano Rossitto, debbono rispondere solo della violazione della legge sugli stupefacenti.
Il rinvio a giudizio è stato chiesto per il boss di Solarino Antonio Aparo, detenuto nel carcere di Opera a Milano, dove sta scontando la condanna all’ergastolo, Massimo e Giuseppe Calafiore, Salvatore Giangravè, Angelo Vassallo, Massimo Privitera, Francesco Liotta, Salvatore Mazzaglia, Victor Andrea Junior Mangano, Paolo Nastasi, Antonio Amato, Maurizio e Sebastiano Carmelo Assenza, Jacopo De Simone, Joseph Valenti, Giuseppe Crispino, Antonino Runza, Massimiliano Rossitto, Antonia Valenti, Clarissa Burgio, Andrea Occhipinti, Domenico Russo, Carlo Aloschi. Il Pubblico Ministero Alessandro Sorrentino ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Corrado Giallongo. Stralciate le posizioni di Angelo Aglieco e Antonio Privitera, in quanto all’epoca in cui commisero i reati di traffico e spaccio erano minorenni. I due giovani dovranno essere giudicati dal Tribunale dei Minori di Catania.
L’operazione San Paolo è stata portata a termine a luglio dello scorso anno dai Carabinieri della sezione operativa del nucleo operativo della Compagnia di Siracusa. Le indagini, avviate nel mese di settembre 2017 e durate circa un anno, hanno consentito, mediante specifici servizi di osservazione, controllo e pedinamento, oltre che attraverso l’installazione di videocamere e l’attivazione d’intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, di disarticolare un sodalizio mafioso riconducibile alla sfera di influenza del clan Aparo.