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Operazione San Paolo, il pm: “Condannate il boss Aparo a 12 anni”

Il boss di Solarino, Antonino Aparo, conoscerà il 4 novembre il destino rispetto al suo coinvolgimento nell’operazione antimafia denominata “San Paolo”. In quella data, il gup del tribunale di Catania, Stefano Montoneri, emetterà la sentenza al processo in cui Aparo è stato ammesso al giudizio abbreviato. Nei suoi confronti il pubblico ministero, Alessandro Sorrentino, ha sollecitato la condanna a 12 anni di reclusione. Nella prossima udienza toccherà al legale difensore, avvocato Antonino Campisi, svolgere la propria arringa. Il pm ha chiesto condanne più severe, invece, per i cugini Calafiore, anch’essi coinvolti nell’inchiesta della Procura antimafia di Catania, portata a termine dai carabinieri. Per Massimo Calafiore e per Giuseppe ha invocato la condanna a 20 anni di reclusione ciascuno. Il primo ritenuto il reggente, il secondo il suo luogotenente del clan che operava fra Floridia e Solarino. 

Secondo l’accusa, Aparo, che è difeso dall’avvocato Antonino Campisi, dal carcere dell’Opera a Milano, dopo avere concluso il periodo di detenzione in regime di 41 bis, avrebbe impartito ordini per la ripresa delle attività illecite sul territorio. Lui, però, ha sempre rigettato tale ipotesi sostenendo di non avere inviato alcuna missiva dal carcere né di avere avuto alcun rapporto con Massimo Calafiore. Anzi, nel mese di febbraio, ha scritto una lettera al sindaco di Solarino, Sebastiano Scorpo, con cui ha dichiarato di essere un uomo nuovo, invitando i suoi concittadini a denunciare coloro che si presentassero a nome suo per fatti illeciti e chiedendo scusa per il suo passato burrascoso che ha provocato dolore a tante persone.  

Forte della sentenza della Corte di Cassazione, che ha annullato due capi d’imputazione, soprattutto quello relativo all’associazione mafiosa, il solarinese Massimo Calafiore, difeso dall’avvocato Domenico Mignosa, conta anch’egli di chiarire la posizione e chiudere già subito la partita con la giustizia. 

Un anno d’indagini, avviate nel mese di settembre 2017, hanno consentito ai carabinieri, mediante specifici servizi di osservazione, controllo e pedinamento, oltre che attraverso l’installazione di videocamere e l’attivazione d’intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, di portare a galla l’intera vicenda. 

Il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto, quindi, la condanna a10 anni di reclusione per Salvatore Mazzaglia e 8 anni per Victor Andrea Junior Mangano. All’udienza del 4 novembre il Gup deciderà anche per l’applicazione della pena su richiesta delle parti per tutti gli imputati che hanno optato per il patteggiamento. Il 20 settembre, invece, dovranno comparire nell’aula del tribunale tutti gli altri imputati che hjanno optato per il giudizio ordinario.

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