Petrolchimico: le promesse del ministro Costa su bonifiche e inquinamento e il silenzio dei sindaci
Nelle promesse di interventi di bonifica dei siti inquinati in Sicilia e di controllo dell’inquinamento selvaggio fatte dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa durante la sua ultima visita nel Petrolchimico siracusano, c’è la sintesi di tutto il fallimento dell’attuale governo nella politica delle promesse facili sugli inquinanti immersi in maniera garibaldina nell’ambiente dalle industrie. Nonostante negli ultimi anni siano state elaborate nuove leggi, inasprite le sanzioni e accresciuta la capacità di controllo, le aziende non applicano la campagna di normalizzazione annunciata; hanno continuato tranquillamente a violare le norme ambientali, con una percentuale nel totale molto alta.
Nel mese di novembre 2019, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa in Prefettura a Siracusa ha incontrato i sindaci dell’area industriale: di Priolo, Pippo Gianni, di Melilli, Peppe Carta, di Augusta, Cettina Di Pietro; per il Comune di Siracusa l’assessore all’ambiente, Andrea Buccheri. Il ministro Costa ha incontrato anche i rappresentanti dei comitati e gruppi ambientalisti locali che gli hanno elencato le tante criticità insistenti nel territorio industriale, tutti contenti e felici, con zero risultati e il silenzio d’oro, come da sempre.
L’atto più significativo è stato l’incontro con i vertici di Eni a Priolo che accoglie con soddisfazione la visita del Ministro dell’Ambiente Costa presso il SIN di Priolo Gargallo, ma, nella pratica, niente di concreto, a parte la soddisfazione di “Eni Rewind, la società ambientale di Eni– che scrive nell’occasione in una nota stampa – ha accolto con interesse e spirito di collaborazione la visita del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, nel Sito di Interesse Nazionale di Priolo. La visita ha infatti rappresentato per Eni Rewind un’occasione importante per dare evidenza dei significativi interventi ambientali che vedono da anni la società impegnata presso il sito”. Bello, bellissimo, chiarissimo, ma il risultato?
Dopo gli annunci e i proclami il silenzio è calato su tutte le tematiche affrontate; ironia della sorte, arriva anche il Covid-19. Nulla è cambiato, se non l’annuncio del governo Musumeci con la favola che a spizzichi e bocconi forse qualche bonifica si farà, a partire dalla vecchia cava di Biancavilla, ma per il resto solo annunci. Gli accordi di programma annunciati tra Regione siciliana e ministero dell’Ambiente per consentire di utilizzare subito (?) i 150 milioni di euro destinati alla bonifica di grandi siti inquinati. Il governo Musumeci è riuscito a svincolare queste risorse che, per essere spese, necessitano adesso della stipula formale di alcune intese con Roma (campa cavallo); e tutto questo durante un confronto in videoconferenza tra l’assessorato regionale all’Energia e il ministero ed è emerso che il primo degli accordi – relativo a Biancavilla (speriamo). Seguiranno (quando non è dato sapere) quelli di Milazzo e Priolo, per i quali si procederà con una rimodulazione, poi il sito Gela e poi, sempre forse, si cercherà un’intesa su tutti i vari siti minerari. Gli interventi di Regione e Stato sono effettuati in conformità al principio “chi inquina paga” e dunque in danno dei soggetti responsabili; regola che finora non ha mai funzionato.
Non è un segreto che in Sicilia, così come in altre parti d’Italia, è diventato davvero difficile fare rispettare la normativa sulle emissioni inquinanti, specie nel petrolchimico siracusano. Ogni tanto viene fuori che la situazione è fuori controllo, ma poi si ritorna nel silenzio generale. Una buona percentuale delle imprese dribblano le norme della legislazione ambientale; questo significa che le istituzioni non fanno il proprio dovere, sono poche o che cosa. Nella maggior parte dei casi sono i sindaci a favorire le industrie che inquinano, attraverso il semplice silenzio, dimenticando di essere i responsabili della salute pubblica sul campo di battaglia. E quando sono chiamati in causa sbraitano per qualche ora (per fortuna non tutti), ma nella buona sostanza, sono d’accordo con gli inquinatori.
Sono anni che la magistratura ha iniziato la guerra per sconfiggere il sistema protetto in favore delle industrie che condizionano la vita e l’ambiente. Ad oggi, le istituzioni pubblici incaricati di far rispettare la legislazione ambientale, non hanno raggiunto i risultati sperati, oltre che necessari. Chi ha perso finora sono i cittadini avvelenati dall’inquinamento selvaggio; e non bastano più le proteste. Lo stretto connubio tra politica locale e impresa ha avuto gioco facile nel conservare un sistema clientelare, che consente all’industria di proseguire nel cammino indisturbata. L’inquinamento è un surplus al business nelle produzioni industriale che, oltre a beneficiare di pochi ispezioni e sanzioni, non spendono quattrini per lo smaltimento dei rifiuti.
Le industrie continuano a sciorinare dati fuori dalla logica, così come gli elementi sulle emissioni, rendendo pressoché inutili i tentativi del governo di fermare il grave inquinamento dell’aria nei comuni industriali. È in gran parte a causa di impianti che inquinano si sono susseguiti allarmi e il silenzio dei sindaci che hanno costretto le popolazioni a chiudersi in casa. Punto e basta.
Ci sono ostacoli insormontabili verso il programma di riduzione dell’inquinamento: le norme più severe imposte al settore energetico vengono continuamente aggirate. Basti pensare che non sono disponibili i dati corretti, anche se ufficiali, sulla portata del problema delle emissioni di gas nell’aria e dei rifiuti velenosi immersi nell’ambiente circostante in cui abitano esseri umani.
Concetto Alota