Politica. La corruzione è paradossalmente l’anima della nostra malata democrazia
L’opinione – di Concetto Alota –
Scrive Norbetto Bobbio – “Questa società italiana appare putrefatta e moralmente fiacca. Tutta, non soltanto il governo e il sottogoverno: tra chi sta dentro il palazzo e chi sta fuori c’è una corrispondenza. La corruzione dei politici e dei loro manager è una costante della vita politica italiana e forse non soltanto italiana: nasce soprattutto dal bisogno di procurarsi l’enorme quantità di soldi che i partiti e le loro correnti divorano, coinvolge tutti o quasi, creando una ragnatela di reciproci ricatti.”
Nella moderna società si registra la fine dei vecchi valori. La politica diventa un groviglio di pensieri senza virtù, senza più lo zoccolo duro degli ideali. Ma si può avere ancora fiducia dai politici che da rappresentanti della destra diventino comunisti o viceversa? La demagogia in politica prende il vantaggio sulla realtà delle cose, cercando di pescare nel torpido e strumentalizzando a proprio favore i disagi della popolazione che soffre per scelte sbagliate dall’incapacità di governare.
La corruzione appare come l’anima della democrazia nella moderna società, così come l’infiltrazione della mafia nella politica, è in crescita. Attraverso un metodo autentico, che censisce ogni scambio illecito che coinvolge direttamente uomini politici, anche all’interno di altri reati, insiste il concorso esterno in associazione mafiosa, il voto di scambio, ma anche il fenomeno della corruzione nei consigli comunali, regionali, alla Camera e al Senato, oltre che nelle cariche di sottogoverno; tutto si rivela con dettagli interessanti, come la crescita esponenziale di vicende di corruzione in presenza della criminalità organizzata, soprattutto al sud, dove si registra un forte aumento dei reati associativi in cui si annidano vicende di corruzione e amicizie pericolose tra colletti bianchi e picciotti della malavita organizzata. Un paravento nasconde il modus operante degli affari tra politici e mafiosi; prestanome e gregari combinano affari con il denaro pubblico per garantirsi la rielezione al potere.
Nel segreto delle alleanze tra i politicanti s’intreccia ogni giorno la signora corruzione che si presenta sempre più organizzata e variegata con altre forme di criminalità, ramificandosi nei palazzi del potere come fosse una regola istituzionale della democrazia. Specie per certi, e non tutti per fortuna, politicanti di professione che stringono accordi con la mafia dai colletti bianchi per i voti a pagamento, ma anche per non essere “disturbati” nei loro traffici negli appalti dei lavori pubblici, le concessioni di licenze per attività pubbliche a prestanome di loschi individui.
Siamo di fronte ad una perversa operazione criminale della vita quotidiana, che si avvale di molteplici strumenti e meccanismi economici, sociali, politici e legislativi che diventano un terreno fertile per la repressione e la provocazione contro i movimenti di lotta e di protesta politica e sindacale, mentre il Paese reale affonda sempre di più nella corruzione, fino alla totale putrefazione.
Il fallimento della nuova classe politica rimane uno stereotipo che risveglia la desiderata condizione dei tempi d’oro, quando i vecchi volponi corrotti depredavano la cosa pubblica a piene mani. Ma non soddisfatti del ladrocinio perpetrato, continuano nella demagogia e nella strumentalizzazione tra grida e sussurra che rimbombano tra la gente in un tam tam mediatico e al passa parola sui network, nei crocicchi dei bar e per la strada, trovando nella ragione populista e demagogica nei partiti che hanno governato gli ultimi 50anni, tra la rabbia della gente. Oggi si devono lasciare gli spazi necessari per una nuova classe politica che annaspa perché condizionata dalle guerre sotto banco, da intrallazzi, imbrogli, traccheggi, inganni e tragici eventi.
Nella nostra democrazia parlamentare la vecchia classe politica rimane il cuore di un sistema malato basato sul potere, sulla corruzione, sulla difesa d’interessi personali, di lobby, di gruppi e tutto il resto, di cui i giovani aspiranti politici sono schiavi, condizionati dai domini radicati nel sistema politico a tutti i livelli della vita pubblica in una società liquida e senza valori e onore.
Per rimanere a casa nostra, la provincia di Siracusa è rimasta prigioniera dei vecchi volponi politici. Eletti o nell’ombra organizzano colpi di mano e imbrogli nella pubblica amministrazione contro gli interessi del popolo, elezioni comprese. Appalti e concessioni sono rimasti nelle mani degli stessi impresari da oltre mezzo secolo; tutto passa agli eredi e i consulenti praticoni sono sempre gli stessi, con l’aggiunta che le nuove leve della politica hanno bisogno dei vecchi per emergere e vincere. Si atteggiano a mafiosi, ma nello stesso tempo sono “sbirri” perché denunciano e ricattano nello stesso tempo.
La gestione dell’acqua e dei rifiuti rimane sempre nelle stesse mani attraverso le partecipate o da imprese costrette a sborsare tangenti e favori. Negli appalti o nei servizi in concessione, rimane il dominio dei “sempre verdi” settantenni con pensioni di oltre diecimila euro al mese ingordi, per “leccare la sarda” fino alla morte. Molti sindaci, assessori e consiglieri comunali in tutti i comuni della provincia sono i soliti noti perché ai nuovi non è lasciato spazio. E nessun metodo democratico riesce a mandarli in pensione, mentre i giovani non riescono e scrollarsi di dosso quell’aggettivo di “ragazzini”.
Occorre una nuova classe politica che non si pone il problema di come si possa realizzare una rivoluzione democratica. Ancora oggi ci troviamo tra i piedi i vecchi decrepiti della politica, con l’atteggiamento mafioso, presuntuosi e arroganti, specialisti in compromessi avanzati con più fazioni organizzati in cricche della politica per imbastire piani studiati a tavolino convenienti per favorire una cordata d’imprenditori amici e parenti per conquistare appalti milionari in tutti i settori della vita amministrativa dei comuni amministrati e a tutti i livelli istituzionali.
Accantonati i valori della politica: centro, destra e sinistra sono oggi il nulla e la democrazia è, di fatto, sospesa. Gli uomini politici, dei tempi nobili e onorati, ora sono distinti tra onesti o disonesti, mafiosi o anti-mafiosi. L’ideologia è tramontata insieme ai partiti. Centro, destra o sinistra non significano più niente. Fascismo e comunismo sono il passato. Oggi siamo nel varco del trasformismo e si riferisce a movimenti cespugli multi-idee con mille casacche di ricambio nel cassetto; sul palcoscenico politico di oggi si dichiarano di sinistra-destra-centro e vogliono continuamente a pescare nel torbido, o riformare il lavoro in maniera deficitario per continuare nel clientelismo. Accettare così il distinto di destra secondo cui il problema comincia dal lavoro e non dal vuoto di capacità dirigenziale di cui oggi soffriamo. Ma, a sua volta, si accettano di destra partiti come Fratelli d’Italia e Lega Nord, dove tutti vogliono militare perché vincente, collezionista di vantaggi, dispense, anomalie e il premio valido solo per la parte politica che il partito rappresenta, senza la minima nozione di mercato, bisogna capire dove andiamo davvero se prima si richiamava al Nord mentre ora apre le porte anche ai “meridionali” prima odiati e offesi, con l’aggravante che i meridionali abulici non reagiscono più di tanto.
Insiste poi la pretesa del Centro riferendosi per antonomasia alla vecchia Diccì e i suoi dintorni confusi, interclassisti, come luogo magico di raggruppamento che attrae e non respinge, tranquillizza e unisce, riconcilia e non fraziona, e che come dottrina si affida al buon senso, oltre che all’illusoria cristianità e confusa dottrina della Chiesa, ormai superata dalla Storia. Parole giuste ma false e oltrepassate. Il Centro per antonomasia è un elemento politico spugnoso che s’inzuppa di antichi valori che tendono a invadere ogni spazio di discussione politica. Ma oggi la miglior risposta alla fine di Destra e Sinistra è un vasto e solido aggregato politico a cui sono state spezzate le ali e ridotti i toni. Il punto in cui una proposta di governo comincia a essere estrema, da dove viene la certificazione del pericolo che, se è oggettiva, vuol dire che Destra e Sinistra sono stazionarie, fermi a intralciare la scena della politica. E se è soggettiva, tratteggia la presenza rischiosa di un giudice che è anche il Governo.
I processi storici possono essere letti da molteplici punti di vista ma quest’aspetto della crisi ideologica ha una valenza politica diretta, perché appare sempre più evidente che questo sistema falso e pernicioso si è cacciato in un vicolo cieco e che la via d’uscita rischia di essere traumatica per tutta la collettività, rimanendo senza identità. Oggi lo spazio della politica è dominato dai partiti personali, dalle liste civiche formate da gruppi di potere, il tutto camuffato sotto mentite spoglie per gli interessi di gruppo o di lobby e non per fare politica. La prova nei conflitti d’interessi, in cui chi controlla la comunicazione, le industrie, o i mercati nei rispettivi livelli, diventa capo del governo, ministro, presidente della Regione, sindaco.
L’ideologia delle classi dominanti è oggi lo strumento più pervasivo che è utilizzato per dare stabilità politica a un sistema che comincia a mostrare i suoi limiti. La solidità politica non è solo la linea diretta concettuale, garantita da una serie di processi istituzionali che limitano le forme democratiche nate dalla lotta contro il fascismo e tutte le dittature che centralizzano sempre più le decisioni strategiche ora annientate dagli eventi rapportati alla fine delle ideologie in favore dell’individualismo sfrenato. Cambia il piatto ma la pietanza rimane la stessa.
La saltuarietà contemporanea è legata al fatto che, fino alla fase precedente, alla concentrazione della classe proletaria, del soggetto direttamente avversario al capitale; ma oggi parlare di pensiero Comunista non è certo una cosa tanto facile. È come comunicare con un altro mondo, di un altro periodo tutto da dimenticare perché devastante per la storia delle organizzazioni comuniste di questi ultimi decenni in Italia e in Europa. Questa constatazione che ha spinto molti militanti a rivolgersi verso altri orizzonti anch’essi bruciati in tempi molto rapidi; ma di contro ora bisogna spingere le masse a un salto di qualità teorico e pratico nell’affrontare la questione partiti in quanto tale che in realtà è la questione di come le classi dipendenti, lottano e reagiscono allo stato attuale delle cose.