Polverino dell’Ilva: stasera assemblea alla parrocchia di S. Paolo in Ortigia
I rifiuti dell’Ilva di Taranto, negli ultimi sette mesi, sono stati trasferiti in Sicilia, nel bel mezzo del polo petrolchimico siracusano e nel più completo silenzio delle istituzioni, nonché all’insaputa delle popolazioni locali. Dal giugno al dicembre dello scorso anno, oltre 30 mila tonnellate di polverino prodotto dagli altiforni dell’acciaieria pugliese sono approdate al porto di Catania, in aggiunta alle 9 mila tonnellate giunte al porto di Augusta ad aprile del 2015.
Dopo le prime denunce delle associazioni ambientaliste, il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti tentava di minimizzare parlando di “situazione transitoria”. Lo stesso aveva dichiarato in merito al carico di veleni sbarcato nel 2015 ad Augusta. Nel frattempo, con cadenza settimanale, diversi autotreni carichi di polverino continuavano a imbarcarsi a Taranto sulla nave Eurocargo Livorno del Gruppo Grimaldi, per fare scalo notturno a Catania e raggiungere via terra la discarica Cisma di Melilli.
Montata la protesta e la mobilitazione della cittadinanza, lunedì 19 dicembre il ministro Galletti ha annunciato lo stop al trasferimento del polverino in Sicilia. La comunicazione ministeriale arrivava cinque giorni dopo il presidio di protesta al porto etneo compiuto da alcuni attivisti, che era culminato nel blocco temporaneo dei camion all’uscita dello scalo commerciale. Fu proprio in quella occasione che i manifestanti poterono verificare le assurde condizioni in cui stava avvenendo il trasporto: il carico di veleni era coperto malamente solo da un telone, mentre sulle sponde delle fiancate e del retro c’erano cumuli di polverino nero, che fuoriusciva dal cassone. Con un risultato inevitabile: il disperdersi di parte del polverino lungo il tragitto che separa il porto di Catania dalla discarica di Melilli; e prima ancora sulla nave e nelle strade pugliesi interessate dal passaggio dei camion. Martedì scorso, una delegazione del Comitato No polverino Ilva e del Comitato No Pua ha incontrato l’ammiraglio Nunzio Martello, commissario straordinario dell’Autorità portuale di Catania. Il quale ha confermato che il traffico di rifiuti verso Catania è attualmente fermo, anche se ad attestarlo non vi è nessuna comunicazione scritta pervenuta dal ministero dell’Ambiente, al di là delle note apparse sulla stampa. Al centro del confronto con l’Autorità portuale sono state, soprattutto, le gravi irregolarità nelle modalità di trasporto riscontrate direttamente dagli attivisti la notte del 14 dicembre. Di fronte alle inequivocabili immagini dei cumuli di polverino depositati sulle sponde esterne dei camion, lo stesso Martello ha riconosciuto l’anomalia dell’operazione come un fatto “oggettivo”, facendo intendere che apposite indagini giudiziarie sarebbero in corso. Dalla Capitaneria di porto di Catania, nel frattempo, viene riferito che a curare la logistica dell’intera operazione è stata la Paradivi Servizi, società di proprietà della stessa famiglia Paratore che detiene il controllo della Cisma di Melilli. Solo in alcuni casi, invece, il trasporto è stato effettuato dalla società Trans Isole di Angri, in provincia di Salerno. Essendo il polverino d’altoforno classificato come rifiuto speciale, la normativa di settore impone specifici accorgimenti per il suo trasporto. Perché, che proceda a bordo dei camion o in nave, per utilizzare le parole dell’ammiraglio Martello, “il rifiuto non deve essere disperso”. Ossia, l’esatto contrario di ciò che è avvenuto durante il trasporto del 14 dicembre. A meno che non si voglia sostenere che disperdere un rifiuto speciale dai camion durante il trasporto sia una prassi regolare, la situazione è in sé inaccettabile. E se ciò è potuto accadere, è evidente che a monte si è verificata una falla nei controlli di sicurezza.
Sia nel porto di partenza Taranto che in quello di arrivo (Catania). Controlli che, nello specifico, competono alla Dogana, essendo il polverino d’altoforno considerato alla stregua di qualunque altra merce ordinaria (dalle distinte di carico, infatti, non risulta la denominazione di “polverino d’altoforno”). Fermo restando che all’autorità portuale rimane la più complessiva vigilanza su ogni attività od operazione che si svolga all’interno del porto; perché se è vero, come sottolinea l’ammiraglio, che la legge non impone “controlli particolari” per il transito del polverino negli scali marittimi, sarebbe in ogni caso preoccupante se non venisse garantito nemmeno un controllo generale, minimo, ma comunque sufficiente a evitare un’irregolarità così grossolana come quella accaduta e documentata il mese scorso. In tal caso, si tratterebbe di un episodio potenzialmente destinato a ripetersi. Con buona pace delle rassicurazioni istituzionali. In definitiva, nonostante la disponibilità dimostrata dal commissario straordinario Martello, le nebbie che avvolgono gli aspetti centrali di questa vicenda faticano a dipanarsi.
Su queste domande il governo Gentiloni-Renzi continua a tacere, mentre in compenso il ministero dell’Ambiente ha tenuto a ribadire che la “transitoria” operazione polverino è “comunque avvenuta in piena sicurezza e trasparenza”.
A dispetto dei proclami istituzionali, la nostra mobilitazione prosegue con prossime iniziative in programma. Affinché, dal basso, possa crescere un percorso collettivo di lotta sulla questione ambientale che da decenni affligge la popolazione siracusana. Perché in ballo non c’è soltanto la vicenda dei rifiuti dell’Ilva – ultima arrivata di una lunga serie di abusi – ma la più generale necessità di bonifica dei territori, di riconversione ecologica degli stabilimenti e di sicurezza per i cittadini e i lavoratori costretti a subire i costi devastanti di un’industria inquinante che continua a divorare l’ambiente e la salute pubblica, giocando al ricatto occupazionale e negando il diritto ad un lavoro sano e sicuro. A tutti i cittadini diamo appuntamento alle 20, nella Chiesa San Paolo Apostolo.