Porto Spero, Legambiente favorevole ma…
Con la sentenza pubblicata lo scorso 19 luglio il TAR Catania ha rigettato il ricorso proposto dalla società S.P.E.R.O. avverso il Piano Paesaggistico della Provincia di Siracusa che impedisce la realizzazione del progetto di approdo turistico “Marina di Siracusa”. Si tratta – è bene specificarlo – del primo progetto, che prevedeva, tra l’altro, aree nuove di colmata per 32.000 m² circa, oltre a un’isola artificiale di altri 24.000 m², su cui ospitare tre edifici per servizi urbani e alloggi, un parcheggio e i moli, per il quale in data 15 luglio 2008 aveva presentato un’istanza di concessione demaniale marittima.
All’esito di un procedimento giudiziario lungo e complesso, quest’ultimo assalto al Piano Paesaggistico (con gli stessi argomenti privi di pregio giuridico esaminati mille volte dagli organi di giustizia amministrativi e mille volti respinti) è stato rigettato.
Un passaggio della sentenza ci sembra importante per inquadrare correttamente la vicenda. Accogliendo uno dei rilievi sollevati da Legambiente, intervenuta ad opponendum nel giudizio, il TAR ha rilevato la carenza di interesse della società S.P.E.R.O. per avere presentato un nuovo progetto, redatto, per affermazione della stessa parte ricorrente, secondo le prescrizioni e l’eliminazione di quegli elementi che rendevano il progetto originario incompatibile con i vincoli esistenti e con il piano paesaggistico adottato.
Nel corso della conferenza stampa dello scorso 25 luglio, la società S.P.E.R.O. ha dichiarato di volere promuovere una nuova conferenza di servizi per chiedere di approvare il progetto definitivo, ma – si badi – non quello presentato nel 2014 (per il quale era stato avviato l’esame in conferenza di servizi presso il dipartimento urbanistica del Comune di Siracusa) bensì quello insensato e insostenibile del 2008 che prevede l’isola artificiale, pur sapendo che, alla luce dei vincoli paesaggistici e urbanistici, non potrà mai essere approvato. La società, in conferenza stampa, ha stigmatizzato il comportamento della Soprintendenza di Siracusa che dopo avere in un primo momento espresso un parere di massima favorevole al progetto (quello del 2008) in seguito avrebbe cambiato idea imponendole una serie di prescrizioni tali da rendere irrealizzabile il progetto. “Il comportamento illegittimo della Soprintendenza –secondo Spero – è venuto prima della emanazione del Piano Paesaggistico, ecco perché i giudici non mettono in discussione il diritto della Spero al riesame del proprio progetto”
Intanto riteniamo offensivo e di pessimo gusto ricordare pubblicamente i nomi dei tre funzionari che si sono opposti al progetto, “colpevoli” secondo la società di avere bloccato il progetto, nei confronti dei quali esprimiamo la nostra piena solidarietà. Il TAR ha poi precisato che il parere inizialmente favorevole della Soprintendenza sul progetto in questione non avrebbe comunque potuto modificare il vincolo esistente, né “vincolare” o condizionare le scelte di tutela paesaggistica su un’area che, indipendentemente dal Piano Paesaggistico, è sottoposta ad altri e diversi vincoli (paesaggistici, urbanistici, idrogeologici, naturalistici).
Va altresì ricordato che, sempre accogliendo i rilievi di Legambiente, il Tar ha anche sottolineato che la Società, comunque non vanta alcuna “situazione giuridicamente protetta” bensì una mera “aspettativa”.
In verità i vincoli esistenti sul porto e sulla costa non impedirebbero affatto la realizzazione di un approdo turistico. Come ha ricordato il Tar in un passaggio importante della sentenza, il Piano Paesaggistico, nell’area in oggetto, non impedisce “opportuni interventi di riqualificazione e trasformazione”, ma al contrario li consente e anzi li prescrive.
Allora ci chiediamo: qual è il vero fine perseguito dalla società?
Perseverare nella richiesta di un’opera che alla luce dei vincoli non potrà mai essere autorizzata, nella speranza – espressamente dichiarata in conferenza stampa – di ottenere il risarcimento dei danni a carico dei tre funzionari della Soprintendenza “colpevoli” di avere imposto una serie di prescrizioni dopo che in una prima fase lo stesso ente aveva espresso parere favorevole oppure puntare alla riqualificazione di un’area importante attraverso un progetto serio, sostenibile e utile per la città?
La S.P.E.R.O. vuole realizzare un approdo turistico e una serie di strutture realmente dedicate alla nautica da diporto oppure cementificare la costa rubando superficie al mare? Intende attrezzare il Porto Grande con infrastrutture adeguate, senza distruggerlo con opere incompatibili con la sua storia e la sua bellezza? La costruzione di un’isola artificiale all’interno del porto non ha nulla a che fare con l’esigenza (da noi condivisa) di sviluppare il turismo nautico per attirare un turismo di alta fascia, come auspicato nel “Libro Bianco sul Turismo” redatto dal Patto di Responsabilità Sociale, richiamato strumentalmente nel corso della conferenza stampa.
Perché invece S.P.E.R.O. adesso ritiene di abbandonare il progetto di approdo turistico presentato nel 2014? All’epoca si disse che, eliminate le opere a mare, il problema non era più il vincolo a mare e il piano paesaggistico ma le previsioni del piano regolatore che qualificano l’area come zona di riqualificazione, sulla quale si applicano i vincoli di inedificabilità dei 150 m. Va altresì ricordato che nel luglio del 2012 la S.P.E.R.O. ottenne dal Consiglio comunale una generosa modifica alla destinazione d’uso degli immobili della ex fabbrica da “centro congressi” a “turistico-ricettiva”, che consentirebbe di traferire a terra una parte (solo una parte) delle utilities previste nell’isolotto artificiale.
Legambiente non ha nessun pregiudizio ideologico nei confronti della nautica da diporto. Riteniamo sia possibile, anzi doveroso, riqualificare l’ansa del Porto Grande e realizzare le infrastrutture necessarie con interventi rispettosi dell’ambiente .
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Nella discussione sul futuro del Porto Grande finora è risultata totalmente assente la voce della politica e delle istituzioni.