Il procuratore Giordano: “Per colpire e stroncare il cuore della filiera dell’immigrazione avremmo bisogno della cooperazione internazionale».
Gli sbarchi ogni giorno diventano di sempre di più un’emergenza nazionale. Le indagini per fermare l’esodo dei disperati sono difficili a volte impossibili. Sulla vicenda è intervenuto un addetto ai lavori che lavora in prima linea a “Voci del mattino su Radio1 Rai”. È Francesco Paolo Giordano, procuratore della Repubblica di Siracusa. «Sulla base delle informazioni in nostro possesso, che condividiamo tempestivamente con la Direzione distrettuale antimafia, possiamo parlare benissimo di tratta di esseri umani tra il Sudan e la Libia. Ma per stroncare l’organizzazione, per arrestare i responsabili, avremmo bisogno di una rogatoria internazionale resa impossibile dalla fase geopolitica indecifrabile attraversata dalla Libia». Continuando sulla stessa linea, il procuratore Giordano si è soffermato su una delle ultime operazioni conclusa dalla speciale unità di crisi e di pronto intervento presente presso gli uffici della procura di Siracusa da lui diretta: “Abbiamo fermato un gambiano, e un ivoriano, indicati quali trafficanti da tre migranti eritrei. Questi hanno raccontato di essere stati condotti in Sudan, dove hanno dovuto lavorare per pagare l’equivalente somma di 4.500 in dollari americani, una cifra loro richiesta per poter raggiungere la Libia. Arrivati in Libia, erano stati segregati in un magazzino e trattati in modo inumano, costretti a pagare una ulteriore somma di denaro. Solo a quel punto sono stati portati a Tripoli per imbarcarsi su un gommone fatiscente che è stato poi soccorso in mare e trainato nel porto di Augusta. Solo quel giorno vennero soccorsi 147 migranti. Se ipotizziamo che ciascuno di loro abbia pagato quelle cifre, abbiamo un’idea del giro di soldi che ruota intorno al fenomeno».
«Sono cifre da capogiro – ha osservato ancora il procuratore della Repubblica di Siracusa – a maggior ragione adesso che gli arrivi di migranti si stanno intensificando. Purtroppo noi, come procura, ci possiamo occupare di un segmento minimo della filiera criminale, cioè degli scafisti, di coloro che gestiscono il traffico delle imbarcazioni sino a ridosso delle coste siciliane. Ma per colpire e stroncare il cuore dell’organizzazione avremmo bisogno della cooperazione internazionale».