Quel giornalismo strumentale su rifiuti e inquinamento che non giova alla verità dei fatti
L’azione decisa della magistratura siracusana ha scardinato il sistema deviato, falso, truccato da connivenze e connubi in maniera diffusa sullo smaltimento dei rifiuti civili e sull’inquinamento selvaggio da parte delle industrie. Ma c’è chi ci specula per il solo apparire e non per essere, ancor peggio quando la scrittura serve da semplice “cemento” per riempire le pagine. Certo giornalismo si piega al volere di una condizione senza sostanza e nemmeno forma, scavalcando la logica delle notizie e strumentalizzando, allargandosi su fatti giudiziari correnti dei vari processi per parlare di bonifiche, enfatizzando a sua volta esasperatamente i titoli in articoli che poco hanno di notizie, senza approfondire tutti i passaggi per le bonifiche che sono state a sua volta utilizzati come arma di massa per far politica e per raccontare il falso ai fini speculativi per incassare voti. E, al contrario del passato, si vuole cavalcare l’onda d’urto mediatica senza la necessaria riflessione della realtà dei fatti; la fretta di pubblicare quello che fa più lettura sui giornali, o ascolti in Tv. Il silenzio, le relazioni poco chiare con le industrie e la politica del connubio del passato sono tutte cancellati. Sono emersi spunti interessanti circa la tendenza di sfruttare l’argomento inquinamento sull’onda del sospetto, oppure quando la notizia è sprovvista di riscontro, citando fonti di livello mondiale per far diventare la notizia più interessante e credibile, nella consapevolezza di attirare l’attenzione del lettore che si rende conto che attorno a quest’argomento si è costruito un alone di pregiudizio. Si nasconde che tutto questo è cominciato oltre 70anni fa con l’arrivo del petroliere Angelo Moratti nella rada di Augusta con la realizzazione della Raffineria Rasiom gridando all’Eldorado per la mancanza di esperienza e dell’ignoranza generale, mentre per soldi e potere si è preferito sostenere che nessuno inquinava, anche di fronte all’evidenza dei fatti, come per i gas velenosi nell’aria, gli idrocarburi nella falda acquifera e il mercurio e tanti altri veleni letali in fondo al mare.
Un territorio industriale quello siracusano in cui insistono anche aziende serie, ma accusate insieme con quelle cattive di inquinare che sanno di avvelenare il mare, la terra, il cielo e la falda acquifera. Ma a forza di scrivere e pubblicare fandonie, non si distrugge il pregiudizio per giungere al giudizio, fatto di conoscenza e analisi, scevro da condizionamenti o da strumentalizzazioni.
Troppe volte l’inquinamento industriale è stato etichettato a priori come un’azione volontaria, senza considerare, nel caso del Petrolchimico siracusano, che si tratta comunque di fabbriche di veleni e non di profumi, anche se bisogna ammettere che non si è fatto nulla nel passato per imporre alle industrie di mettere a norma gli impianti. Solo dopo gli interventi della magistratura o di un servizio televisivo si grida al lupo, per dimenticare tutto dopo qualche settimana. Si omette di raccontare la realtà dei fatti, ma insistono delle opportunità per uno sviluppo sostenibile e per la crescita occupazionale, solo che bisogna andare oltre il conformismo e di ogni logica di chi per mera strumentalizzazione, narcisismo e carriera fomenta un terrorismo psicologico che non giova a nessuno, in cui si alza una cortina pericolosa di preconcetto che a volte trova conferma in attività d’indagine della magistratura, mentre altre volte, invece resta lettera morta.
Concetto Alota