Siracusa. “Appello ai liberi e forti” Opera teatrale su don Luigi Sturzo
Perché faccio politica? Perché attraverso di essa farò del bene agli altri. Io sono un prete e devo portare Dio nella politica”.
Le parole di don Luigi Sturzo risuonano forti, contemporanee a distanza di tanti anni.
Quelle parole sono diventate spettacolo teatrale, “Appello ai liberi e forti”, nell’adattamento di Francesco Failla, la regia di Salvo Bitonti e le musiche di Dario Arcidiacono. A interpretare don
Luigi Sturzo in un monologo intimo, tra ricordi e riflessioni, è l’attore siracusano Sebastiano Lo Monaco.
L’appuntamento è per sabato 14 settembre, con inizio alle ore 20.30, nel cortile dell’Arcivescovado in piazza Duomo a Siracusa. La serata sarà introdotta dal magistrato Gaspare Sturzo, pronipote di don Luigi e presidente del Ciss, Centro Internazionale Studi Don Sturzo, e dall’avv. Pucci Piccione.
Dopo il debutto il 5 luglio scorso in prima nazionale al Festival di Spoleto, e poi la data al Seminario Arcivescovile di Bologna, lo spettacolo sabato sarà a Siracusa e il 25 novembre a Caltagirone in
occasione del giorno del compleanno di Sturzo che cade il 26 novembre.
“Dopo averlo studiato da qualche anno credo che il pensiero di don Sturzo sia uno dei più contemporanei proprio rispetto all’attualità che stiamo vivendo – ha detto Sebastiano Lo Monaco -. Sturzo
cento anni fa parlava di libertà dei mari, di immigrazione e accoglienza, di mancanza assoluta di differenze tra etnia, di una sola razza creata da Dio. Ed ancora di riportare Cristo nella politica,
di fare della politica non una ‘cosa sporca’ diceva, ma ‘un dono d’amore’. Sono parole scritte da un profeta e nascono in quel momento in cui le pronuncio”.
L’appello a tutti gli uomini liberi e forti venne proclamato il 18 gennaio del 1919 dall’albergo Santa Chiara a Roma.
Nelle parole di don Sturzo si ritrova la giustizia sociale, l’onestà in politica, le buone pratiche, contro il dilettantismo e il superficialismo.
Per questa piece teatrale si sono riuniti tre siracusani che hanno già avuto modo di stupire il pubblico: il regista Salvo Bitonti, direttore dell’Accademia Albertina di Torino, è stato collaboratore del regista Guicciardini nel memorabile “Edipo Re” del 2004 al teatro greco di Siracusa che vedeva proprio Lo Monaco protagonista. A firmare le musiche era Dario Arcidiacono, siracusano, da tempo trapiantato a Roma.
Alcuni mesi fa a Caltagirone, città natale di don Luigi Sturzo, un convegno internazionale alla presenza del cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, ha ricordato la figura del sacerdote che invitava i cattolici ad impegnarsi per la difesa del bene comune. Nel gennaio del 1919 don Luigi Sturzo inaugurava l’esperienza di un partito nazionale, ma laico, diffondendo un appello a tutti gli uomini liberi e forti per il partito Popolare Italiano. Il professor Francesco Failla, vicepresidente nazionale dei bibliotecari ecclesiastici, ha cercato di far comprendere meglio la figura del sacerdote, attraverso i suoi scritti.
“Questo spettacolo nasce da un dono che mi fece Gaspare Sturzo nel 2013 venendo ad assistere ad un mio spettacolo “Per non morire di mafia” di Piero Grasso – spiega Lo Monaco -: mi regalò questo testo che compendia molti scritti ed è l’atto fondante del Partito popolare italiano. Io conoscevo poco di Sturzo, ma quando ho letto sono rimasto incantato dalla modernità personaggio.
Io non faccio esibizione della mia fede cristiana, ho tenuto nel cuore questo testo e l’approfondimento della vita politica e sacerdotale.
Un anno fa Gaspare Sturzo e Francesco Failla, che ha scritto il testo divenuto monologo teatrale, mi hanno detto che nel centenario avrei dato voce a questa storia umana così importante”.
Lo spettacolo, ingresso libero, è proposto dalla Cattedrale di Siracusa e dalla società Kairos, nella produzione di Sicilia Teatro, Centro Internazionale Studi Don Sturzo, Istituto Luigi Sturzo.
Sul palco sono disposti i mobili simili a quelli che arredavano le due stanze presso il Convento delle Canossiane a Roma in cui don Sturzo visse dal 1946 alla morte nel 1959: la macchina da scrivere Olivetti, la scrivania, l’attaccapanni, la sua sedia e una poltrona dove il sacerdote leggeva.