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Siracusa: criminalità e fuochi d’artificio stile Gomorra per festeggiare e comunicare

Si registra il disturbo permanente della quiete pubblica nell’oscurità e in libertà. Il fenomeno dell’uso dei fuochi d’artificio durante la notte sul territorio siracusano ad opera della criminalità, ha raggiunto livelli altissimi d’intollerabilità da parte dei cittadini; usanza che ha preso il sopravvento sulle regole dello Stato di diritto, o democratico che dir si voglia. Alla Borgata Santa Lucia, in Ortigia, al Bosco Minniti, nei pressi del Bronx di via Antonello da Messina, del Viale Zecchino, Santa Panagia, alla Mazzarrona, non c’è giorno che non si dia fuoco alle polveri per improvvisati giochi d’artificio nelle terrazze dei palazzi o negli spazi pubblici. I residenti di buona parte della città ammirano lo splendore delle luci. Sui veri motivi di quei fuochi d’artificio, gli investigatori provano a dare una spiegazione al fenomeno ma le risposte che rimangono, però, sul vago.

L’uso dei fuochi d’artificio per segnalare la presenza sul territorio dei clan è molto diffuso in Sicilia, Campania, Puglia e in tante altre regioni d’Italia; deriva da una tradizione antica. Manifestazioni di giubilo in pieno stile Gomorra che le giovane leve già da tempo hanno emulato. Lo scopo, secondo fonti degli addetti ai lavori, così come delle forze dell’ordine, sarebbe quello di comunicare l’avvenuta consegna di carichi di sostanze stupefacenti. Fuochi che di solito partono dai quartieri più vicini alle piazze di spaccio in cui arrivano le sostanze stupefacenti e che fungono da magazzino della droga, di armi, di sigarette di contrabbando o altro ancora. I botti segnalano a chi di dovere che i trasferimenti sono avvenuti, o che la merce è arrivata; l’uscita o la buona riuscita di un percorso carcerario di qualche boss o altri personaggi importanti con il quartiere che così festeggia. A volte sono preceduti anche da altre forme di festeggiamenti, come cene all’aperto, segnalando quella che considerano una vittoria sullo Stato per la scarcerazione di detenuti, così come i festeggiamenti per l’arresto di uomini appartenenti alla concorrenza.

Nel territorio siracusano si registra nell’insieme già da tempo l’attivismo di gruppi autonomi appartenenti alla criminalità “disorganizzata” in gruppi autonomi, indipendenti quindi dai vecchi clan, impegnati principalmente nello spaccio di sostanze stupefacenti, ma in rapporto ravvicinato con gli uomini dei vecchi clan catanesi, così come attraverso nuovi e autonomi canali di approvvigionamento fuori provincia o della Sicilia. Ma quello che preoccupa, è la scoperta in questi ultimi mesi del possesso di armi e munizioni da parte degli addetti allo spaccio di droga. Di solito chi vende droga non ha la necessità di possedere un’arma. Una logica deduzione ci porta a pensare, così come è successo nel passato, che la possibile rottura dei deboli equilibri tra gli uomini dei vecchi clan e le nuove leve e il proliferare di “punti vendita” di stupefacenti, potrebbe sfociare in un disordinato equilibrio di vigore, dalla stessa natura della mafia: eliminare i rivali per aver campo libero. Si potrebbero dispiegare logiche che riportano al vecchio sistema che si consumava contro gli avversari.  

Il traffico degli stupefacenti continua ad essere l’affare più redditizio della criminalità, risultando una delle principali fonti di finanziamento per le consorterie malavitose. Attività seguita dal racket delle estorsioni nei confronti di ristoratori, bar, titolari di laboratori manifatturieri e commercianti, con il nuovo sistema; a pagare il pizzo sono i grossisti e non i singolo imprenditori, come avveniva prima con l’estorsione diretta che riforniscono i negozianti al dettaglio, eliminando in teoria il reato e il pericolo di essere denunciati, arrestati e condannati.

Oggi il traffico di droga rappresenta l’affare del secolo per le organizzazioni criminali ed è un fenomeno che agisce in grande profondità. La droga si nutre in gran parte della disperazione della gente, così come il gioco d’azzardo, con la crudele conseguenza di lasciare le vittime in stato di bisogno e incapaci di trovare una liberazione. Da queste considerazioni che le forze di polizia stanno cercando di combattere un fenomeno che facilmente si rigenera e che andrebbe soppresso prima che si evolva troppo, al contrario delle azioni di lotta, che molte volte sono portate avanti con pochi uomini, strumenti e mezzi. Ma quello che manca è l’intervento della politica, di questa politica, proiettata verso l’apparire e non dell’essere. Manca il governo del territorio.

Osservando il fenomeno, ci si accorge che in alcuni rioni, soprattutto nella parte alta della città, i fuochi d’artificio vengano esplosi quasi ogni sera a orari ben definiti. La prima raffica in genere in prima serata, la seconda intorno alla mezzanotte, quasi a volere ostentare spavalderia sotto forma di luci scoppiettanti multicolori, da parte di chi non si preoccupa della mancanza di autorizzazioni. Il fenomeno di primo acchito desta allegria, in alcuni perplessità ma anche fastidio in coloro che segnalano l’evento che si esaurisce in un tempo così rapido da non consentire alle pattuglie delle forze dell’ordine di individuare i responsabili.

Concetto Alota

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