Siracusa, è di nuovo caccia a tredici scafisti
Il Tribunale di Catania, Quinta Sezione Penale, che cura il riesame e gli appelli avverso i provvedimenti inerenti alle misure coercitive personali, decidendo sull’appello proposto dalla Procura della Repubblica di Siracusa, ha annullato l’ordinanza del G.i.p. Patricia Di Marco che aveva scarcerato 13 scafisti, di nazionalità egiziana, imputati del delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fermati con questa accusa. L’ordinanza risale all’ottobre del 2014, e fu motivata per l’assenza di sufficienti indizi circa le esigenze cautelari, perché sarebbe stata presumibile la concessione della sospensione condizionale della pena in favore degli imputati. Il Tribunale del Riesame, presieduto dalla dott.ssa Gabriella Larato, giudici a latere dottori Pietro Antonio Currò e Carla Aurora Valenti, in accoglimento dell’appello proposto dalla Procura della Repubblica, ha annullato l’ordinanza impugnata trasmettendo gli atti per l’esecuzione. Il Tribunale del Riesame ha ritenuto che non si trattava di pescatori e soprattutto che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina commesso dagli indagati non fosse occasionale e legato e alla situazione in cui gli stessi si erano involontariamente trovati, ma un delitto voluto e organizzato fin dall’inizio dagli indagati e da altri complici non identificati. Per questo ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni degli scafisti. Questi furono tratti in arresto e fermati dagli uomini del G.I.C.I.C. presso la Procura della Repubblica di Siracusa, in quanto individuati a bordo di un peschereccio con 200 migranti tratti in salvo dalla nave Fenice della Marina Militare nell’ambito dell’Operazione Mare Nostrum. Il Tribunale del Riesame, con un’approfondita motivazione, ha cassato l’ordinanza del G.i.p., spiegando che oltre alle esigenze cautelari esisteva anche il pericolo di fuga, trattandosi di soggetti privi di fissa dimora in Italia e che potrebbero godere di appoggi logistici all’estero. Il Tribunale del Riesame ha sottolineato altresì che dai racconti dei migranti veniva dimostrato il coordinamento con altri complici operanti in Turchia, in Libia e in Egitto, la disponibilità di mezzi e imbarcazioni per organizzare il viaggio clandestino per l’Italia e, in generale, un’accurata pianificazione e organizzazione del delitto, oltre alla riscossione, da parte degli organizzatori, di considerevoli somme di denaro ed infine alla spregiudicatezza mostrata nell’esporre a rischio e pericolo l’incolumità di decine di migranti, per l’insufficienza delle dotazioni di sicurezza.
I tredici scafisti egiziani sono stati nuovamente ricercati dalla polizia giudiziaria su ordine della Procura della Repubblica, a seguito del provvedimento del Tribunale del Riesame, per tentare il loro rintraccio e la cattura, ma ormai avevano fatto perdere le loro tracce.