Siracusa, la politica nel Pd del dopo Renzi e la “sponda luminosa” di Alessio Lo Giudice
Nello scenario politico del dopo Renzi a Siracusa si raccontano storielle metropolitane lontano dalla realtà. In primis che il sindaco avrebbe perduto lo scudo del suo amico Matteo dai fatti giudiziari che incombono su palazzo Vermexio. Si osa persino mettere in discussione anche i dettami della Giustizia nella speranza di una doppio effetto e della paura, anche se è ben chiaro che questo non può essere un dato positivo per la città di Siracusa; ma di certo l’attuale contesa politica è da considerare ben più lunga e insidiosa dall’offrire una diversità tattica all’indomani dalla disfatta del risultato del refendum costituzionale; lotta radicalizzata da Renzi, erroneamente, come una campagna elettorale verso la conferma popolare al suo mandato di governo della Nazione, fin da quando fu semplicemente nominato.
A casa nostra, la sponda semplice e sincera verso l’agognata pace arriva dal segretario del Pd Alessio Lo Giudice, quando dice, tra l’altro, che “in ogni caso, adesso è necessario rammendare gli strappi che si sono prodotti in questi mesi di campagna referendaria, in seno alle nostre comunità politiche e civiche”. E qui si sofferma solo sulla parte referendaria; ma sulla questione politica poi afferma a caldo: “Quest’opera di rammendo non deve essere fine a se stessa, quanto invece volta a garantire un’unità concreta ed efficace, a partire dall’interno del PD, per affrontare e risolvere insieme i problemi dei cittadini. Il rischio che corriamo oggi, tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale e locale, è la vittoria delle destre o dei movimenti demagogico-populisti, in realtà affini alla cultura politica della destra”. Chiarissimo. Orbene. In tutto ciò s’intravvede un luminoso segnale verso la ripresa del dialogo che è mancato in questi ultimi mesi, più per fatti di “clan” tutti interni al Pd, che di mera politica verso la comunità siracusana delusa, da una lotta intestina, cruenta e dannosa. Lo Giudice aggiunge all’ascia di guerra sotterrata il ramoscello d’ulivo senza se e senza ma; sta ora a Garozzo approfittare della “disgrazia” del referendum per tentare di riportare il suo galeone chiamato Vermexio nelle acque quiete del porto comune all’interno del Pd e rinsaldare con una formula semplice, la sostanza.
I partiti-movimento oggi sono sostanzialmente conformi gli uni agli altri, ma hanno perso la loro capacità di interpretare i bisogni e le istanze della gente comune, e si candidano al rispetto di un quadro conducente delle regole politiche classiche che indirizza la vita politica ed economica senza fare i conti con la realtà. Il senso di tale siffatta condizione, appare fuori logica proprio nella città di Siracusa, dove lo scontro è stato tanto veloce quando disastroso e alla fine inutile. E fino a qui non ci sarebbe nessun elemento di novità nella visione di una dialettica politica senza scontro. Un sogno, che per chi è considerato un disobbediente e irrequieto, pronto ad alzare impunemente la voce contro i vertici del Pd, come Giancarlo Garozzo, diventa un politico di rottura in una rivoluzione non accettata, perché vede solo un leader senza esercito e un programma lacerato. Ma occorre capire il perché di questo rapporto stracciato con Gino Foti & Company all’improvviso, quando tutto era in ordine di marcia? I beni informati dicono che non è proprio così, e che la colpa è solamente di Faraone.
Il messaggio odierno di Alessio Lo Giudice è abbastanza chiaro, e se il “rivoluzionario” vorrà restare a Palazzo Vermexio, non avrà altro da fare che rispettare le direttive guida che la governance del partito gli assegnò con l’approvazione del programma. Quello che si chiede in sintesi è più un dialogo per salvare la tornata elettorale, perché il periodo rimanente, così come stanno le cose, è destinato ad essere morto, inutile, ed anzi dannoso verso la pubblica opinione. È utile ricordare che le soluzioni proposte dal Pd “partito” hanno generato gli effetti contrari. Questa politica applicata da Garozzo nella pratica è risultata come la teoria e i risultati ottenuti sono ben lontani dalle premesse iniziali. Garozzo fino ad ora era stato un allievo di una scuola antica, vecchia, e ha recitato impeccabilmente il compito che gli era stato assegnato dal popolo fin dall’inizio del suo mandato; ma forse per gli errori tattici, oltre alle polpette avvelenate che erano già dentro la “casa comune” piazzati a sua insaputa, non è riuscito a capire verso dove si muoveva quel segnale sinistro che come un’onda anomala arrivava e spianava tutto il lavoro fatto.
Oggi è davvero screditata presso l’opinione pubblica la classe dirigente di questo Pd, ma Garozzo appare di contro ostile verso un compromesso che in politica è la garanzia del proseguimento altrimenti niente accordi duraturi capaci di traghettare fino alla fine del mandato la sua sindacatura. Il rimanente rischio è un pericoloso vuoto politico, mentre la vita economica e sociale siracusana hanno l’esigenza immediata e urgente di un piano ambizioso e soprattutto in grado di raccogliere tutti i consensi all’interno del partito che è stato delegato dal popolo sovrano a gestire la cosa pubblica siracusana, insieme al nuovo necessario consenso dell’opinione pubblica, impaziente di vedere realizzate le promesse fatte in materia di sviluppo economico e gli aiuti promessi ai meno abbienti in una città che appare davvero abbandonata al destino dei vinti.
Concetto Alota