Siracusa, nuove rivelazioni su diversi omicidi di mafia
La Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania, grazie ai riscontri alle dichiarazioni rese dai ai nuovi pentiti, è riuscita a far luce su una dozzina di omicidi rimasti impuniti, e tutti commessi sul territorio siracusano dal 1990 fino ai nostri giorni. Il fenomeno del pentitismo negli ultimi anni ha visto la ripetizione di un ravvedimento da parte, per lo più, di gregari e cosiddetti “killer della domenica”. Personaggi rimasti nell’ombra, ma che avevano partecipato a crimini di sangue insieme ai bossi di riferimento. Lo scudo dell’omertà subisce così ancora uno sfondamento verso le braccia della Giustizia, premiando, di fatto, il duro lavoro dei magistrati impegnati in prima linea nella lotta alla mafia organizzata; e mentre prima era lo schermo e lo strumento protettivo per non incrinare la tenuta dell’organizzazione intesa quale “famiglia”, o gruppo di appartenenza, il mezzo per vincolare gli associati di mafia, oggi si è disintegrato quasi del tutto. Lo svuotamento degli uomini al servizio dei clan in libertà poneva un limite di demarcazione a chi pensava di pentirsi per avere in cambio le agevolazioni di legge, e la minaccia di ritorsione contro i propri familiari ha fatto la differenza. Oggi ci troviamo di fronte all’opposto, dove nessun “militare” dei gruppi mafiosi è in libertà per poter “regolare” i conti all’interno della propria “famiglia” e nemmeno ricambiare il favore a clan un tempo avversi, ma oggi alleati contro il facile pentitismo, colpa anche degli sconti di pena e della crisi economica che, di fatto, hanno cambiato la mappa del crimine organizzato.
La mafia siracusana vantava un numero di clan abbastanza variegato, che negli Anni Novanta si era contratta in pochi gruppi. Nel territorio a nord del capoluogo troviamo da sempre il predominio del gruppo Nardo, vicino al clan catanese di Santapaola, che operava nei comuni di Augusta, Carlentini, Francofonte, Lentini e Villasmundo; nel capoluogo la ressa era molto più affollata; infatti, troviamo il clan Urso-Bottaro-Attanasio, il gruppo Aparo-Trigila, e lo storico clan di Santa Panagia.
Gli Anni Novanta si caratterizzarono con la sola resistenza del reggente del clan Urso, Totuccio Schiavone, fino alla sua latitanza quando interviene la fusione del clan Bottaro retto dall’omonimo, Salvatore Bottaro. Le due cosche presero il nome di Urso-Bottaro, con in mano il controllo della quasi totalità del territorio siracusano. Ma una faida violenta tra i gruppi contrapposti specie per il clan cittadino di salvatore Belfiore, detto “u cinisi” e Santa Panagia, fece tanti morti ammazzati. Fra le vittime, che insanguinarono il territorio siracusano in lungo e in largo, il numero uno della mafia siracusana, Agostino Urso, detto “u prufissuri”; dalla sua morte iniziò l’ascesa del gruppo Bottaro che si prefissò l’onere di colmare il vuoto lasciato da Agostino Urso, il fondatore della mafia siracusana, insieme al fratello Carmelo, il cugino Carmelo Urso, detto “scacciata”, e tanti personaggi, tra cui anche, Totuccio Schiavone, Nunzio Rizza, Antonio Silvestri, Salvatore Belfiore; ma furono tanti altri gli uomini in odor di mafia, come Angelo Bottaro, Antonino Veneziano, salvatore Genovese detto “Turuzzu”, Nunzio Salafia, Liberante Romano, Orazio Scarso, Michele Midolo, Aparo e tanti altri ancora e tutti di rigore con un’appropriata capacità criminosa, oltre ai tanti collaboratori di giustizia che la cronaca a man mano menzionato.
Nel finire degli Anni Novanta e l’entrata del nuovo millennio, di cui si fa riferimento oggi nelle indagini investigative della Direzione Investigativa Antimafia proprio sui delitti rimasti impuniti nel territorio siracusano, i gruppi storici, denominati Bottaro e Santa Panagia, s’incontrano e decidono di sommare le proprie forze per operare in gruppo, monopolizzando i settori delle estorsioni e del traffico degli stupefacenti, sia nel capoluogo, così come in tutti i comuni limitrofi, Floridia, Solarino, Avola, Cassibile e con puntate fugaci fin nel territorio di Pachino, Rosolini, Avola e Noto, mentre rimane fuori la zona nord che nel frattempo era diventata contigua ai clan catanesi; a questo equilibrio criminoso si aggiungono così il gruppo Attanasio, capeggiato dall’emergente e deciso, Alessio Attanasio, genero di Salvatore Bottaro, esponente di primo piano e che assieme ai giovanissimi riaccese le luci della ribalta criminosa già nella primavera del 1995 durante la spietata guerra contro il gruppo di Santa Panagia, che intendeva conquistare l’intero territorio della città capoluogo, contro gli interessi del clan Urso-Bottaro.
Nell’Anno 2005 Salvatore Bottaro, già condannato all’ergastolo e al regime del 41 bis, decide di farla finita perché gravemente ammalato, e coraggiosamente con un colpo secco di pistola all’interno della sua abitazione, mette fine alla sua movimentata vita; ma la sua morte inciderà sulla criminalità siracusana, perdendo il suo forte equilibrio; con la morte di Salvatore Bottaro, che da quel momento passa alla guida del clan Attanasio, assieme al gruppo del quartiere Borgata, composto dai vecchi lupi e nuovi aggregati già appartenenti del clan Bottaro-Attanasio, e che hanno dato il battesimo all’organizzazione, insieme con quello storico di Santa Panagia controllato da Giovanni latino, già affiliato al clan Aparo-Nardo-Trigila, diventa la sola realtà mafiosa, spietata e potente, della città di Siracusa e dell’intera provincia, spingendo i tentacoli anche fuori dal territorio siracusano. Ma una serie di operazioni di polizia contro la malavita organizzata, portati a termine grazie ad alcuni collaboratori di giustizia che scamparono in diversi agguati da sicura morte, ridimensionarono quasi del tutto i gruppi malavitosi, stravolgendo la mappa criminale nel territorio siracusano, con una sequela di arresti. Nel 2007, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, la stessa, che oggi sta scavando nei ricordi e nelle confessioni dei nuovi pentiti su tutti gli omicidi di mafia rimasti impuniti, il nascente e numeroso gruppo di Santa Panagia, rivitalizzato dalla presenza di alcuni esponenti e vecchi capi da poco scarcerati, fu smantellato in toto (furono coinvolte per lo più le “famiglie” Attanasio-Bottaro). Un colpo finale. La cosca aveva ripreso pericolosamente l’attività criminale molto più agguerrita di prima e capace d’incidere sulla pacifica convivenza della comunità siracusana. Fu l’ultima spettacolare e possente operazione antimafia siracusana con settanta arresti, portata a termine il 13 novembre del 2007 da carabinieri, polizia di Stato e guardia di finanza, in un’operazione antimafia congiunta e coordinata dalla DDA della Procura di Catania, nei confronti di settanta presunti appartenenti alla cosca Bottaro-Attanasio. Nei confronti degli indagati il Giudice per le indagini preliminari aveva emesso un ordine di custodia cautelare, sia in carcere, sia in stato di libertà, che ipotizzava, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione e usura. Nell’ambito della stessa inchiesta gli investigatori eseguirono il sequestro di tante attività commerciali, beni immobili e mobili che, secondo l’accusa, sarebbero stati acquisiti con il riciclaggio di proventi di attività illecite. Nel corso delle indagini sulla cosca Bottaro-Attanasio furono complessivamente sequestrati 200 chilogrammi di droga e parecchie armi. L’inchiesta fu coordinata dal procuratore aggiunto di Catania, Ugo Rossi, e dai sostituti della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, Pasquale Pacifico, Andrea Ursino e Danilo De Simone.
Ora questa nuova fase investigativa della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, competente per il territorio siracusano nei reati di mafia, appena iniziata conferma la validità del fenomeno e di una nuova ventata di pentitismo di collaboratori di giustizia che porterà presto alla sbarra i colpevoli e che per il momento sono di una dozzina di omicidi commessi nella guerra di mafia tra il 1990 e oggi. I collaboratori di giustizia in Italia, per la cronaca, sono circa 1100 uomini e circa sessanta le donne; quelli di mafia, quindi il fenomeno della Sicilia che a noi interessa da vicino, sono circa 280 uomini e circa dieci donne. Sulla breve ma cruenta, quanto violenta storia della mafia siracusana, è stato scritto un interessante libro dall’ex dirigente della Polizia di Stato, nonché capo della squadra mobile della Questura di Siracusa proprio negli anni di piombo, dottor Angelo Migliore; un documento davvero interessante dal punto di vista della storia criminale della provincia di Siracusa, considerata da sempre la “provincia “babba”, con la memoria e l’esperienza di un addetto ai lavori da sempre in prima linea.
Concetto Alota
penso che per via del fenomeno del pentitisimo la mafia a Siracusa si e molto ridimensionata e prossima alla fine