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Siracusa, regolamento di conti dietro la sparatoria

La sparatoria nel centralissimo viale Zecchino, dove due giovani hanno tentato domenica sera di uccidere Emanuele Gallaro, siracusano e con vari precedenti di polizia, sparandogli un colpo di revolver mentre era affacciato alla finestra di casa dove si trovava agli arresti domiciliari, conferma la tesi secondo cui a Siracusa gli “affari” della criminalità hanno ripreso a pieno ritmo e in maniera disorganica.

Spaccio della droga, estorsioni, furti, truffe e rapine, hanno ripreso a galoppare pericolosamente, irrompendo nel vivere quotidiano della società siracusana. I due giovani presunti attentatori, Carmelo Bianca e Mattia Greco, con precedenti di polizia per reati contro il patrimonio, non sono di certo figure di spicco appartenenti a vecchi “equilibri” perché ancora giovani, ma che cercano, a ben vedere e sentire, di voler scalare la carriera velocemente nell’ambiente malavitoso, e già trattano forme avanzate e plateali di squadra dedita all’attività criminosa organizzata, anche se gli ambienti investigativi tenderebbero a escludere ogni coinvolgimento di altri elementi malavitosi con loro associati, e si parlerebbe invece di “lupi solitari”. Ma gli aspetti del movente che avrebbe portato al tentativo di omicidio diretto e deciso con insistenza scientifica programmata, rivolgono la logica verso una questione piuttosto grave che sarebbe insorta tra gli attentatori e la vittima, e secondo indiscrezioni trapelate in precedenza ci sarebbe stata una vera e propria spedizione punitiva contro la vittima da parte dei due giovani finiti in carcere con la grave accusa di tentato omicidio per motivi d’interessi (droga o altro), e la motivazione del doppio movente rintraccerebbe i risvolti della vendetta da parte di Gallaro, facendo scattare così la corsa di chi deve arrivare necessariamente per primo per colpire e non rimanere vittima dell’avversario. E per logica deduzione entrerebbero a forza nella diatriba altri elementi, come dei giovani che sarebbero una parte in complicità con la vittima e altri con i due sicari per portare a termine il piano criminoso prima possibile, formando nei fatti pratici due squadre contrapposte. E se i due attentatori potevano muoversi liberamente, diversamente era la posizione del destinatario dell’attentato, costretto a rimanere in casa agli arresti domiciliari per una precedente evasione. Questo avrebbe fatto scattare il tentativo, per fortuna fallito, di arrivare per primi a colpire la vittima alla finestra, conoscendone le abitudini e certi di un agguato da parte della vittima, magari con un’altra evasione. Infatti, Emanuele Gallaro, già nel mese di settembre scorso si rese latitante è fu acciuffato e arrestato in flagranza dai carabinieri, dopo essersi rifugiato a casa della madre per sette giorni, si era reso irreperibile alle forze di polizia, nonostante fosse sottoposto agli arresti domiciliari.

Concetto Alota

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