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Siracusa. Un politicò-party di Fratelli d’Italia per festeggiare il successo elettorale

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Un profilo Facebook riporta la cronaca di una riunione del coordinamento cittadino allargato di Fratelli d’Italia. A ben leggere e sentire si tratta di “una riunione tra amici per riflettere insieme sui grandi risultati elettorali di Fratelli d’Italia, e tanti altri amici, con tanto di Prosecco, entusiasmo e l’immancabile inno nazionale”. Ben fatto!

La sintesi riporta di un incontro, per festeggiare il risultato alle Europee nel salone della Chiesa del Sacro Cuore di Siracusa. Dirigenti amici, attivisti, simpatizzanti di “Fratelli d’Italia”, presenti anche alcune figure che hanno incarichi regionali nel partito, che a Siracusa ha rilevato un successo inaspettato.

Sublime e opportuna appare la condizione in politica quando si vuole tenere la fiamma accesa dell’appartenenza, la fiaccola della rettitudine bene in vista, dell’orgoglio ideologico dichiarato. In tutto questo, si registra un’onorevole azione; tutto ben fatto ma il politicò-party stride con il fatto che non era presente il protagonista siracusano di questa competizione elettorale, di questa vittoria, prima ancora di una scelta di campo. Infatti, mancava Luca Cannata, il sindaco di Avola che ha portato in dote al partito ben 20 mila voti netti e crudi. Titolato a formulare gli incentivi necessari del buon risultato ottenuto e del mantenimento del successo; invece, stranamente non era presente. Un’occasione negata, perduta, per il necessario rapporto ravvicinato con la base del partito e i dintorni per una futura strategia; ma il pericolo che tutto il lavoro fatto possa disintegrarsi, è reale.

Nella sintesi del conteggio dei voti si registra il risultato poco idoneo nel territorio siracusano del senatore Stancanelli; un pilastro del partito in Sicilia, così come degli altri candidati, uomini e donne, scontato che la Meloni non fa storia perché i voti ottenuti sono frutto del suo personale consenso popolare e della sua singola destrezza politica.

E, a voler forzare la mano, si potrebbe vincolare all’orizzonte una nuova maniera di fare politica in una condizione rivoluzionaria, adattata alla nuova generazione, come può essere considerato Cannata e la sua performance, insieme alla maturazione dei vertici del partito-movimento. Di fatto, e non per diritto, lo scenario si presenta come un tentativo di voler formalizzare le vecchie correnti.

Renzi, tra le sue vittorie deve metterci quella di aver bandito le correnti durante la sua scalata; ma poi, nei fatti pratici, ha tradito la sua stessa idea; ha costretto il Pd alla realizzazione forzata delle correnti per non subire il ricatto del nuovo capo.

Le correnti potevano andar bene nei partiti del Novecento, come la Dc o il Pci. Oggi riaffrontare il nodo delle correnti, anche se velatamente, come sembrerebbe a mio modesto avviso, diventa un arcipelago di gruppi dentro un partito-contenitore e non di un’officina di esperienze e sensibilità di alta politica e della conseguente ideologia. E se nel panorama storiografico attuale tardano a sorgere valide ricostruzioni di un nuovo modo di fare politica, allora siamo alla fine.

Renzo Calabrò

 

 

 

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