Siracusa. Zona industriale: ancora fumo e puzza malgrado l’inchiesta della Procura, la petizione dei verdi e la protesta dei comitati
La firma dell’ennesimo protocollo d’intesa sulla qualità dell’aria nella zona industriale siracusana, annunciato dal ministro dell’Ambiente Costa che nei prossimi giorni sarà a Siracusa, rischia di essere ancora un atto formale e nulla di più. Nei fatti pratici e nonostante le inchieste della magistratura con i provvedimenti del sequestro degli impianti, una petizione con circa 170mila firme a cura del verde Giuseppe Patti, le proteste copiose degli ambientalisti e le promesse delle industrie, l’inquinamento in libertà rimane copioso e attivo.
L’ALBA DIVENTA TRAMONTO
Il fumo e la puzza che fuoriescono dalle torce e dai camini delle diverse raffinerie e stabilimenti sia di notte sia di giorno, squarciano le speranze sulla fine delle ostilità più volte annunciate e mai messe in atto. Piaccio oppure no, questa è una verità certificata dalle foto che gli attivisti del Comitato Bagali, Sabbuci e Santa Catrina di giorno e di notte formalizzano la sinistra condizione. I cittadini non vogliono la guerra con le industrie, anche se alcuni ambientalisti reclamano la propria attività che appare sempre più schematica carica di controversie, in una sorta di routine, senza incidere al possibile e promesso cambio di abitudini di industriali senza scrupoli.
Sulla vicenda insiste ancora aperta l’inchiesta della Procura di Siracusa sulla cattiva qualità dell’aria (che va verso la conclusione delle indagini) disturbi olfattivi e la depurazione dei reflui nei depuratori ancora in istruttoria con l’acquisizione di una montagna di documenti sequestrati e atti irripetibili eseguiti dagli investigatori sui luoghi incriminati alla presenza di consulenti della Procura e tecnici. Furono notificati 19 avvisi di garanzia nei confronti di persone che hanno rivestito incarichi di responsabilità nelle aziende interessate dal provvedimento emesso dal Gip. Reati contestati quelli contro l’ambiente, responsabilità amministrativa di enti ed emissione in luoghi pubblici di sostanze che creano molestie olfattive”.
Questa la sintesi delle contestazioni della Procura di Siracusa alle 19 persone coinvolte nell’operazione denominata “No fly”, oltre alla confutazione della mancata utilizzazione delle “migliori tecniche disponibili” da parte dei vertici degli stabilimenti e dei depuratori incriminati.
Gli sviluppi e la lotta all’inquinamento. “Che cosa respiriamo nel quadrilatero industriale di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa?” È il coordinatore dei Verdi di Siracusa Giuseppe Patti (nella foto) ha lanciare una petizione sulla piattaforma Change.org che ha raccolto circa 170mila firme. Una nota molto articolata indirizzata al governo nazionale, alla Regione Siciliana e all’Asp di Siracusa.
Le criticità elencate. Uno stop alle energie fossili per attuare una transizione ecologica e di aggiornare il catasto inquinanti. Le centraline dell’Arpa – chiarisce Patti -non sono tarate per registrare gli inquinanti che sono immessi in atmosfera dalle industrie presenti sul nostro territorio in base al tipo di lavorazione che fanno. Per esempio – aggiunge tra tante altre cose già note – non vengono monitorate le emissioni di acido solforico.
Nella petizione si fa anche una breve cronistoria degli ultimi avvenimenti nella zona industrial Siracusa. “Nel luglio del 2017, dopo che la procura ha accertato un significativo contributo al peggioramento della qualità dell’aria dovuto alle emissioni degli impianti. Con le bonifiche oltre alle questioni ambientali – conclude Patti – si troverebbe anche una soluzione alternativa che farebbe venire meno il cosiddetto ricatto occupazionale, insomma: anche con la green economy è possibile portare il pane a casa”.
Il ministro Costa (nella foto) risponde alla petizione di Peppe Patti. “Un piano per le bonifiche” È alta l’attenzione del ministero dell’Ambiente e del governo nazionale sul quadrilatero industriale di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa. Gli effetti di un inquinamento ambientale che ha origini antiche e conseguenze ancora vivissime sulla popolazione e sul territorio sono tristemente noti, sia a chi vive in quelle zone e purtroppo ha spesso in famiglia un malato di tumore sia a chi come me, che me ne occupo da rappresentante dello Stato, ha a cuore le tante ferite non rimarginate dei numerosi Siti di interesse nazionale (Sin) d’Italia, da Porto Marghera a Taranto, da Crotone a Milazzo a Priolo, per ricordarne solo alcuni.
“Purtroppo, come sapete, si tratta di un problema – scrive Costa – complesso a cui non si possono dare risposte rapide in tempi brevi. Sarebbe disonesto dire il contrario. Ma provare a fare qualcosa si può, a partire dalla sburocratizzazione e semplificazione dei procedimenti legati alle bonifiche. Finora si sono tenute 1600 conferenze di servizi interlocutorie per i 41 siti di interesse nazionale. Noi vogliamo invertire la marcia perché è il momento di dare tempi precisi e di partire seriamente con le bonifiche, modificando le norme esistenti.
“La Direzione competente del ministero dell’Ambiente sta seguendo con attenzione l’iter complesso della messa in sicurezza e bonifica delle varie aree del Sin di Priolo, dove è stata riscontrata contaminazione nei terreni, nei sedimenti marini, nelle acque superficiali, sotterranee e profonde. E anche le altre Direzioni interessate stanno seguendo quanto concerne di loro competenza, dalle autorizzazioni integrate ambientali (Aia) per gli impianti industriali alla qualità dell’aria all’abbattimento delle emissioni.
“Il Catasto inquinanti, cui si fa riferimento nella vostra petizione, è aggiornato ogni anno dall’Ispra, ai sensi della norma comunitaria: l’Italia agisce sotto lo stretto controllo dell’Unione europea.
“Nel recente Piano regionale di tutela della qualità dell’aria ci sono prescrizioni severe per le Aia, in un’ottica di prevenzione e riduzione dei rischi sulla salute umana, e questo fa ben sperare, confidando in un rispetto rigoroso di quanto previsto. Alcuni giorni fa ho firmato un decreto ministeriale per la raffineria di Milazzo affinché questo impianto industriale, come gli altri simili presenti sul territorio nazionale, adotti le Bat, ovvero le migliori tecnologie esistenti. In questo modo le emissioni saranno sensibilmente ridotte: si stima del 50%. Se c’è un modo migliore per gestire l’ambiente, e quindi la salute, io come uomo dello Stato ho il dovere di farlo e di servire il cittadino.
“In un’ottica più generale, ma che riguarda anche il vostro quadrilatero industriale, mi sto battendo affinché si dica gradualmente addio alle energie fossili a livello nazionale. E’ stata avviata la decarbonizzazione del Paese al 2050, che prevede una tappa intermedia al 2030. Con la recente presentazione del Piano nazionale clima ed energia abbiamo voluto mettere in campo una transizione equilibrata per raggiungere questo traguardo, una transizione che ci dia tempo per organizzare le nuove produzioni e porti ad un aumento dei posti di lavoro. Sappiamo bene che per ogni miliardo speso in fonti fossili si producono circa 5 mila posti di lavoro, mentre per ogni miliardo speso nelle rinnovabili se ne ottengono 15 mila. Proprio per facilitare questa fase di passaggio abbiamo predisposto un monitoraggio degli effetti del Piano: ogni due anni faremo un tagliando per verificare che ci sia equilibrio e che i risultati siano quelli che vogliamo.
“Il nostro obiettivo è difendere l’ambiente, creare posti di lavoro – conclude ìl Ministro – tutelare la salute umana. Lo dobbiamo ai nostri figli, per i quali bisogna creare le premesse per il rilancio economico, all’insegna della sostenibilità, del territorio in cui vivono. Occorre, dunque, un impegno concreto, da parte di tutti i soggetti coinvolti, a partire dalle istituzioni locali, per raggiungere un risultato che sta a cuore tutti: il riscatto e la rinascita “verde” della zona industriale di Siracusa”.
Insiste in merito anche un documento unitario dagli ambientalisti di base dei comitati territoriali della rete centro orientale siciliana della Sicilia. Un appello al ministro Costa e al presidente Musumeci.
“In Sicilia non chiediamo la Luna ma la Terra. Mai come oggi le risorse naturali dell’Isola di Sicilia sono sottoposte a livelli di rischio prossimi al non ritorno. Lo sono l’aria delle città e delle aree industriali; le acque, sia marine sia superficiali, sia sotterranee; la terra, sia interna che delle fasce costiere. La migliore risorsa fra tutte, quella rappresentata da uomini e donne di ogni età, fugge come emorragia inarrestabile. E con ogni probabilità, i fenomeni sono fra loro strettamente correlati.
“Le aree industriali nelle quali dalla metà del secolo scorso imperano gli stabilimenti petrolchimici vi sono gruppi che hanno agito o agiscono senza tenere in alcun conto della salute delle persone e dei territori; nessuna mitigazione seria è stata approntata, nemmeno sui disagi olfattivi, veri e propri attentati alla salute. Nessuna bonifica è partita, e se ci riferiamo all’area del SIN Priolo che comprende Augusta, Priolo, Melilli e Siracusa, ma anche a quelle di Milazzo, Gela, di Termini Imerese, da sessant’anni un’industria di rapina “ci aiuta a casa nostra”, distruggendo corpi, anime e dignità mediante l’osceno scambio fra il lavoro da una parte e ambiente e salute dall’altra.
Concetto Alota
Riproduzione riservata