Sistema Siracusa, Legambiente: “Ci costituiremo parte civile”
Sulla vicenda, nota come Open Land, Legambiente Sicilia si protesta parte lesa. In un documento, gli ambientalisti ripercorrono le fasi salienti del “Sistema Siracusa” che li ha visti parte attiva nella difesa del territorio proponendo ricorso contro una delle sentenze che condannavano il comune di Siracusa a un risarcimento danni di 24 milioni di euro. Legambiente è stata condannata al pagamento di 18mila euro di spese legali (coperte per metà da donazioni da sostenitori da tutt’Italia) a seguito del rigetto del ricorso da parte della Cassazione.
“Siamo garantisti e non vogliamo anticipare gli esiti di inchieste molto complesse che andranno valutate nelle sedi giudiziarie competenti – è scritto nella nota degli ambientalisti – siamo però contenti che attraverso le inchieste si cominci a fare luce su uno dei momenti più bui della storia recente della nostra città e si possano svelare trame e vicende – anche giudiziarie – oscure, che riguardano interventi edilizi che hanno compromesso o rischiano di compromettere definitivamente pezzi del territorio della nostra città e non solo”.
Legambiente Sicilia sottolinea come “oggi veniamo a sapere che, secondo quanto rivelato dalle indagini delle procure di Roma e Messina, esisteva un sistema messo in piedi per comprare e vendere giustizia (sentenze, incarichi di consulenza, pareri …). Proprio quei procedimenti amministrativi, che riguardavano la costruzione di un centro commerciale e di un complesso edilizio di 70 villette a ridosso delle Mura Dionigiane e del Castello Eurialo, nei quali Legambiente è stata parte così attiva, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbero stati oggetto di questo gravissimo e degradante mercimonio”.
L’intervento di esperti e gli avvocati di Legambiente nel procedimento legato ala realizzazione del centro commerciale di Epipoli era stato decisivo per fare ridimensionare le pretese risarcitorie della società e per ottenere la sostituzione del consulente tecnico d’ufficio, coinvolto nell’inchiesta della Procura di Messina. “Attendiamo la conclusione delle indagini – affermano gli ambientalisti – e anticipiamo che, se il quadro accusatorio fosse confermato, ritenendoci persone offese dei reati, non esiteremo a costituirci parte civile nei relativi procedimenti”.