Storia. Petrolchimico siracusano: nascita e vendita della raffineria Isab
L’intervento – di Concetto Alota –
La storia a volte si ferma e torna indietro senza preavviso; così come le interpretazioni storiche sono sempre controvertibili, perché affermano qualcosa che conosciamo nella memoria, ma che non ci appare. La volontà individuale si perde in una ridda di contraddizioni che sono proprie dell’epoca moderna. Gli uomini accettano i pregiudizi di cui sono pieni i giornali e che con l’andar del tempo diventano una “verità”.
La famiglia genovese dei Garrone, diventa popolare più per lo scandalo chiamato dell’Isab, che per il semplice fatto di essere i padroni della raffineria che fu colpita nel 1974 da una valanga giudiziaria, con l’arresto dei petrolieri Garrone e Cameli, insieme a due figli di quest’ultimo, con l’ipotesi d’accusa del pagamento di tangenti, sborsati dall’Isab per “lubrificare” gli ingranaggi delle pratiche necessarie per ottenere i permessi e i nulla osta, per la realizzazione della raffineria di Marina di Melilli, e per “regalie” indotte a vario titolo. Un processo lungo e travagliato, bloccato da una serie d’eccezioni procedurali, perché vi erano coinvolti dei parlamentari nazionali; la vicenda approdò presso la Commissione inquirente di Montecitorio e Palazzo Madama, dove vi rimase per circa quattro anni. Nel 1979 riprese la corsa nelle Aule della Giustizia ordinaria; la Corte di Cassazione trasferì il processo presso il Tribunale di Siracusa, dove l’istruttoria, condotta dal giudice istruttore Roberto Campisi, sfociò con l’arresto nel 1982 di Sebastiano Cameli. Furono condannati a tre anni e tre mesi il petroliere Riccardo Garrone; Corrado Cagnoli e Sebastiano Cameli a tre anni e due mesi. L’ex assessore all’Industria della Regione Sicilia, Salvatore Fagone del Psi, e l’ex sindaco del Comune di Melilli, Angelo Pandolfini, a due anni. A un anno di reclusione e la sospensione condizionale della pena, l’ex assessore regionale del Psi, Giovanni Tepedino, a due anni e un mese l’ex presidente della Regione, Santi Nicita; ma nel successivo grado di appello del processo tutti i reati contestati furono estinti per l’avvenuta prescrizione. Coinvolti nelle fasi del processo e a vario titolo anche, Filippo Micheli e Flaminio Piccoli, deputati al Parlamento, l’ex ministro Nino Gullotti, l’ex presidente della Regione siciliana, Mario Fasino, gli ex assessori regionali, Calogero Mangione e Carlo Giuliano, l’on. Giovanni Gioia e tanti altri uomini d’affari, editori e giornalisti, testimoni o persone informate dei fatti.
Nel 1970 iniziarono le prime pratiche per il progetto e la costruzione della raffineria Isab a Marina di Melilli (allora “Fondaco Nuovo”). Per far posto alla raffineria più moderna d’Europa, nel 1973, 180 famiglie sloggiano dalle proprie case a “Fondaco Nuovo”. Un borgo in riva al mare. 800 abitanti si disperdono nei paesini vicini. Un solo abitante rimane; non accetta di lasciare la propria casa, ma nel 1992 fu trovato assassinato.
L’autorizzazione per realizzare la raffineria Isab di Marina di Melilli fu rilasciata in meno di cento giorni, il 17 maggio del 1971: Consorzio Sviluppo Industriale, 01 marzo; Sindaco di Melilli, 22 marzo; Vigili del Fuoco, 24 marzo; Commissioni per le sostanze esplosive, 08 aprile; Ministero per la Marina mercantile e delle Finanze, 07 maggio; Stato Maggiore Difesa, 08 maggio; Assessorato allo Sviluppo Economico Regine Sicilia, 12 maggio; Ferrovie dello Stato, 15 maggio.
Tanto denaro, benessere e lavoro per tutti. Dalla movimentazione della terra, alla costruzione degli impianti. Migliaia di operai e tecnici per anni parteciparono alla costruzione degli impianti.
Anche l’ultima avventura che riguarda l’Isab, la vendita dell’Isab-Lukoil ai Ciprioti, si è conclusa tra mille peripezie, silenzi e accordi sottobanco tra la politica e l’economia. Il passaggio di proprietà delle due raffinerie Isab-Lukoil di Priolo Gargallo, di proprietà dei russi, alla cipriota Goi Energy che ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione di Isab S.r.l, presieduto da Angelo Taraborrelli, ex Eni con Scarone. Michael Bobrov, sarà vicepresidente, Massimo Nicolazzi e Ioannis Psichogios saranno gli altri consiglieri. Si è così conclusa definitivamente la vendita della raffineria Isab di Priolo alla società di private equity cipriota G.O.I. Energy. L’operazione sarebbe stata valutata intorno agli 1,5 miliardi di euro. Vendita ritenuta fondamentale per il futuro dell’azienda, che ci rimanda giocoforza ancora una volta alle disgrazie della Sicilia, da sempre sottomessa al sistema politico, in una realtà politico-amministrativa divisa, assai variegata nei suoi molteplici tratti economici, politici, sociali e territoriali, con cui la classe politica siciliana da sempre è stata condizionata, attraverso la ragnatela del sistema mafioso, senza mai confrontarsi con la realtà. Come a voler ossequiare i boss della mafia che si sono succeduti nel tempo.
Un campo di indagine del presente volume politico-economico, pone l’attenzione sulle mancate strategie logistiche dell’economia quanto della politica, mettendone in luce i fallimenti e l’evoluzione, degli elementi di discontinuità, nel rapporto tra cultura, economia e una politica fallimentare che ha pensato solo ai propri interessi, in cui nemmeno l’autonomia della Sicilia riesce a svincolarci dalla Roma capitale che ci lascia abbandonati al destino dei vinti
E se è vero che la Storia di ripete, ecco che è ancora l’Isab protagonista della scena economica e politica del territorio siciliano, a parte i tanti segreti ancora tutti da scoprire. L’isab, controllata dalla compagnia russa Lukoil, di Litasco svizzera, non riusciva a ottenere dalle banche il credito necessario ad acquistare greggio di provenienza fuori dalla portata della Russia dopo l’invasione da parte dei russi dell’Ucraina. Bloccata all’acquisto del greggio, per via del divieto europeo all’acquisto di petrolio russo trasportato via nave, l’Isab rischiava la chiusura. Uno stabilimneto che raffina un quinto della raffinazione italiana e la fornitura del 20 per cento della domanda elettrica in Sicilia. Compreso il governo capitanato da Draghi ha lasciato scorrere del tempo prezioso per intervenire, con il rischio della chiusura delle raffinerie.
Non c’erano soluzioni: nazionalizzare l’Isab oppure venderla a un soggetto privato non-russo, in modo da avere la possibilità di tornare a ricevere prestiti dalle istituzioni finanziarie. La G.O.I. Energy è una divisione del fondo di private equity ARGUS New Energy Group, che ha sede a Cipro ma è sostenuto principalmente da investitori israeliani.
Si parla da sempre di miglioramento dell’ambiente di lavoro, tutela dell’ambiente, trasformazione degli impianti in raffineria verde. Chiacchiere per rasserenare la popolazione, i sindacati e gli ambientalisti. False promesse; è vero, invece che, negli anni passati, nel petrolchimico siracusano compreso tra i Comuni di Priolo, Melilli e Augusta, le industrie hanno sempre portato avanti i solamente i propri interessi, avvelenando la popolazione residente nella zona con la connivenza di politici e uomini delle istituzioni delegati ai controlli. A tutelare l’avvelenamento dell’aria, il mare, i terreni della zona industriale sono stati i magistrati, i comitati ambientalisti formati da liberi cittadini e i pochi giornalisti liberi.
La magistratura siracusana a seguito di una grossa indagine ha sequestrato il depuratore consortile di Priolo l’Ias. L’impianto è ora in gestione giudiziaria; ma la paura per la popolazione, senza la certezza dello stop all’inquinamento, rimane forte. Le industrie devono realizzare ognuno il proprio depuratore. Lo stabilimento gestito dall’Ias deve essere bloccato e riaperto solo quando verranno effettuati i notevoli interventi necessari, che finora non si sono mai concretizzati per eliminare l’inquinamento in generale; ma per i forti interessi della industrie, per la paura della chiusura degli impianti e per il forte intervento politico, tutto rimarrà fermo.