Strage del bar Golden, un pentito: “Feci parte del commando”
Ha riferito di essere stati gli esecutori materiali del triplice omicidio di Lentini e avere conosciuto in quella circostanza il boss settantaduenne Nello Nardo. Sono comparsi altri due collaboratori di giustizia in videoconferenza al processo per la strage del bar Golden, avvenuta nel primo pomeriggio del 10 aprile 1991.
Davanti alla corte d’assise (presidente, Tiziana Carrubba, a latere, Carla Frau) sono comparsi i catanesi Nunzio Cocuzza e Francesco Maccarrone. Mentre il primo si è avvalso della facoltà di non rispondere, Maccarrone ha risposto alle domande del pubblico ministero Rocco Liguori sottoponmendosi al controesame dei legali di parte civile e della difesa di Nardo, unico imputato quale mandante di quella strage.
Maccarrone oggi ha 60 anni e all’udienza di ieri ha confessato di avere consumato nove omicidi. Dice dio non avere conosciuto personalmente Nardo e ha riferito di avere materialmente partecipato alla strage del bar Golden insieme con Nunzio Cocuzza su incarico di Giuseppe Squillace. Ha riferito i particolari di quell’agguato, sostenendo di avere avuto incarico da Squillaci di recarsi a Lentini per entrare in azione. Il tutto nasce su volontà del clan Nardo di Lentini, alleato con Cosa Nostra catanese. Il reggente lentinese chiede proprio a Giuseppe Squillaci di intercedere con i vertici etnei per organizzare una spedizione ed eliminare i pericolosi concorrenti sul territorio, promettendo di ricambiare il favore.
I due si recarono a Lentini a bordo di un’Alfa 33, guidata da un lentinese, armati di una pistola calibro 38 e di una 357 Magnum. Con loro vi sarebbero stati altri associati al clan Nardo. Oltre a Sambasile, doveva essere ucciso anche un secondo lentinese che si trovava sempre in compagnia della vittima designata.
Il gruppo di fuoco cominciò a sparare all’impazzata dentro e fuori del bar Golden con l’ordine di uccidere Sambasile e altre due persone che spesso si accompagnavano a lui. Rimasero colpiti a morte Cirino Catalano, 23 anni, che era entrato nel bar poco prima dei killer per sorbire un caffè, e Salvatore Motta, 25 anni, che aveva fatto accesso nel bar in compagnia di Salvatore Sambasile, 27 anni, anch’egli finito a colpi di pistola. Per Catalano e Motta si trattò di un errore di persona, i due morirono in quell’agguato di mafia pur essendo del tutto estranei a quelle vicende.
Il processo per la strage del bar Golden riprende all’udienza del 20 aprile per l’esame di altri quattro collaboratori di giustizia, citati dal rappresentante della pubblica accusa per consolidare il quadro accusatorio a carico dell’imputato Nardo, che ha seguito il processo anch’egli collegato in videoconferenza dalla casa di reclusione Bacchin di Sassari dove si trova detenuto in regime di 41 bis.