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Tribunale di Siracusa. Quelle schede mai sparite, corruzione, contrasti e tante verità nascoste

La presunta corruzione del presidente del Cga, per la quale il parlamentare regionale rosolinese, Pippo Gennuso si trova da poco meno di un mese agli arresti domiciliari, s’intreccia con il processo in corso davanti al giudice monocratico del tribunale di Siracusa per le schede relative alle elezioni regionali del 2012 che per la Procura sarebbero sparite costringendo il Cga a disporre la ripetizione delle operazioni di voto in 4 sezioni di Pachino e in 2 di Rosolini, che determinarono la nomina di Gennuso al posto di Pippo Gianni che dovette lasciare il seggio di Sala d’Ercole.

Al processo a carico di un dipendente del tribunale aretuseo, il deputato del movimento Popolari e Autonomisti si è costituito parte civile e in una delle prossime udienze dovrà essere sentito in aula. Ma questa posizione di parte offesa rischia di essere in contrasto con quella di indagato per corruzione. “L’inchiesta della Procura romana rappresenta un’inevitabile interferenza in questo processo – afferma pm Andrea Palmieri, rappresentante della pubblica accusa – in quali termini non possiamo al momento stabilirli ma vedremo con lo sviluppo delle indagini. Dovremo sentire la testimonianza dell’on. Gennuso ma un po’ più in là”.

Com’è noto, la sentenza contestata è quella del collegio presieduto dal giudice Raffaele Maria de Lipsis che, accogliendo il ricorso di Gennuso, annullò le elezioni regionali a Siracusa facendo poi rivotare e favorendo così l’elezione di Gennuso. Questi ha già avuto modo di rigettare l’accusa, sostenendo di non avere mai conosciuto il giudice del consiglio di giustizia amministrativa e di avere avuto soltanto rapporti con il suoi legali difensori, Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Ma sono proprio i due avvocati protagonisti di  “Sistema Siracusa” che lo tirano in ballo chiarendo ai pm romani che la corruzione del ci sarebbe stata raccontando nel dettaglio il contatto con il presidente del Cga «In una prima fase – confessa Amara ai pm nell’interrogatorio del 5 ottobre – avevamo dubitato della capacità di Caruso di incidere effettivamente su De Lipsis poiché la prima decisione del Cga fu disporre il riconteggio delle schede». Ed è in questo periodo che subentra l’episodio delle cosiddette schede elettorali sparite. E, non potendo più avvenire il riscontro, il Cga dispose la ripetizione del voto. L’ operatore giudiziario, accusato di aver trafugato e distrutto le schede sostiene che andarono distrutte in un allagamento il 20 novembre 2013. Caruso (, racconta Amara, «è ritornato alla carica». E dunque fu condivisa «l’idea di consegnare a Caruso (ex giudice della Corte dei conti) il denaro richiesto per la corruzione di De Lipsis». Quantificato in «una somma di circa 20-30mila euro» che, ricostruisce l’avvocato, fu Calafiore a consegnare all’ex giudice della Corte dei conti.  In un successivo interrogatorio, il 7 luglio 2018, Calafiore è più preciso su cifre e luoghi: «Gennuso mi ha consegnato una prima volta a Roma la somma di 40mila euro, che io diedi ad Amara e che lui diede a Caruso. Una seconda volta la somma di 40mila euro se non erro in un’area di servizio vicino Taormina, somma che io consegnai a Caruso a Roma. Caruso mi confermò di avere ricevuto la precedente somma da parte di Amara».

Insomma, la tela viene tessuta e s’intreccia da Roma a Siracusa dove è, appunto, in corso il processo per le schede sparite,  che è ripartito ieri mattina dopo la nomina di un nuovo giudice, il dott. Salvatore Cavallaro, presidente di sezione che ha riavviato l’istruttoria dibattimentale partendo dall’esame di un verbalizzante, l’ispettore della polizia di Stato, Carmelo Carbonaro, in servizio alla sezione di polizia giudiziaria della Procura aretusea. Il teste ha riferito sulle indagini eseguite all’9indomani dell’avvio delle indagini sulla presunta sparizione di una parte delle schede elettorali. Ha riferito di avere interrogato l’autista del tribunale che rese una prima versione sostenendo che le schede fossero finite nella rete fognaria. Successivamente, però, disse che soltanto alcune fossero andate distrutte. La difesa dell’imputato ha, invece, sempre sostenuto che quelle schede non siano mai state né distrutte né sparite ma si trovassero sempre negli stessi archivi. L’ispettore Carbonaro ha anche riferito in aula su alcune intercettazioni eseguite in quella vicenda facendo riferimento a  una conversazione telefonica in cui l’ex parlamentare regionale Pippo Gianni si lamentava di quanto fosse accaduto in quella circostanza e del modo in cui avesse perduto la titolarità dello scranno all’Ars.

L’istruttoria dibattimentale prosegue adesso a ritmo serrato. La prossima udienza, infatti, è stata programmata per la prossima settimana per sentire altri 3 testi citati dalla pubblica accusa. Poi si andrà al 10 aprile per proseguire con l’esame di altri testimoni.

 

 

 

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