Un equivoco. Parla la sorella del colonnello Nicchiniello: «A casa di mio fratello non ci sono regali»
Secondo la sorella potrebbe trattarsi di un equivoco. «Mio fratello ha solo la colpa di aver partecipato a una cena e di aver risposto al telefono, a colleghi che gli chiedevano informazioni, tagliando corto con un “sì sì”, per educazione, anziché allontanarsi in modo netto e fermo da tali personaggi». Parla Claudia Nicchiniello, la sorella del tenente colonnello della Guardia di finanza Massimo Nicchiniello, colpito dalla misura di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’indagine gemmata da quella sul Mose che oltre a lui ha investito altre 15 persone tra cui l’imprenditore friulano Pietro Schneider, titolare della Burimec di Buttrio, azienda sottoposta nel 2015 a verifiche fiscali condotte dall’ufficiale (all’epoca in forze alle Fiamme gialle di Udine, oggi attivo invece a Siracusa) con benevolenza. «I giornali hanno riportato di regalie. Di doni trovati a casa degli indagati. Ebbene, non a casa di Nicchiniello. Nell’abitazione di mio fratello non hanno trovato né Rolex, né soldi. Né figli assunti. Sono tranquilla che mio fratello quello che doveva fare ha fatto». È pronta a metterci una mano sul fuoco Claudia, funzionaria delle Ferrovie dello Stato, ex studente del Collegio del mondo unito di Duino come del resto la moglie del tenente colonnello, originaria di Cividale. Teme però gli effetti del polverone mediatico, «pretesto per sminuire la figura di un ufficiale che ha già concluso importanti arresti».
Ne ricorda alcuni la donna. «A Pordenone aveva sgominato un traffico d’armi, a Imperia aveva indagato sulle Olimpiadi di Torino. Si è fatto tutti confini mio fratello sudando la carriera iniziata da ufficiale semplice. E oggi? Si trova in carcere con una persona che lui stesso aveva arrestato. Questo – conclude Nicchiniello – fa crollare in noi servitori dell’Italia, figli e nipoti di partigiani, forse l’ultima fiducia nello Stato».