Vendita illecita di cappelle: scena muta del direttore del cimitero
Si è avvalso della facoltà di non rispondere Fabio Morabito, il direttore del cimitero agli arresti domiciliari perché accusato di una serie di reati connessi alla vendita illecita di cappelle cimiteriali. L’indagato, assistito dall’avvocato Francesco Favi, è comparso davanti al Gip del tribunale, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare nei suio confronti per essere sottoposto a interrogatorio di garanzia. L’udienza, però, è durata appena il tempo di prendere atto della sua volontà di non volere rispondere alle domande del giudice mentre la difesa si è riservata sull’eventuale ricorso al tribunale del riesame.
E’ durato una quarantina di minuti, invece, l’interrogatorio di garanzia di Marco Fazzino, il muratore del cimitero anch’egli destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari, Difeso dall’avvocato Junio Celesti, Fazzino ha rigettato ogni addebito sostenendo di essere un operaio di un’impresa, addetto alle manutenzioni delle cappelle e di essere stato interpellato di volta in volta dagli acquirenti per eseguire esclusivamente lavori di muratura. Ha detto, quindi, di non avere mai eseguito un’estumulazione di salma e nemmeno di avere promesso o proceduto all’assegnazione di loculi e di cappelle gentilizie. A sua discolpa ha aggiunto il fatto di avere rilasciato i preventivi di spesa alle persone che l’hanno poi incaricato di eseguire i lavori.
I due indagati devono rispondere in concorso d’induzione indebita, abuso d’ufficio, falsità documentale e sottrazione di cadavere. Com’è noto, le indagini, portate a termine dai poliziotti della squadra mobile con il coordinamento della Procura, sono scaturite dalla denuncia di una siracusana che risiede a Roma la quale, a ridosso delle festività natalizie del 2019 s’è recata al cimitero per porre un mazzo di fiori alla cappella gentilizia dei suoi cari estinti. Sono diversi gli episodi contestati al direttore del cimitero, all’operaio ma anche ad alcuni fra funzionari e dipendenti comunali, avvenuti tra il 2029 e il 2020. Così, aggirando le procedure di evidenza pubblica, i due indagati intascavano il denaro che, a loro dire, occorreva per l’assegnazione dei posti rilasciando ai privati falsi titoli concessori. Inoltre, conoscendo i meccanismi di assegnazione pubblica dei loculi, sfruttando illegalmente gli strumenti giuridici della decadenza del possesso dei loculi in stato di abbandono, avrebbero fatto estumulare i cadaveri per fare posto ai nuovi defunti, a fronte di pagamenti di denaro da parte dei familiari.